lunedì 18 febbraio 2008

Sondaggi elettorali le considerazioni di Renato Mannheimer



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La scelta di Casini di correre da solo costituisce un ulteriore momento del progressivo assestamento dell’offerta politica in vista delle prossime consultazioni. E comporta, ovviamente, alcuni problemi aggiuntivi per il Pdl, specie per l'assegnazione dei premi di maggioranza in Senato (che, come si sa, avviene disgiuntamente per ciascuna regione e vede, quindi, scenari assai differenziati nel paese). E, di conseguenza, per la distribuzione degli eletti in questo ramo del Parlamento.
1) La situazione attuale Il quadro è ancora assai incerto e mutevole, data specialmente l’alta percentuale di elettori ancora indecisi per il partito—e, spesso, per la coalizione — da votare. A tutt’oggi, comunque, il Pdl si conferma il partito più votato, con circa il 39-40%. Cui va, naturalmente, aggiunto il 5-6% raccolto dalla Lega Nord. Nel complesso, quindi, la forza politica guidata da Berlusconi otterrebbe il 44-46%. La quale ha tuttavia dei competitori temibili, sia verso destra, sia verso il centro. Da una parte c’è la formazione di Storace e Santanchè. Essa ottiene oggi nei sondaggi solo grosso modo l’1-2%, ma la sua notorietà è ancora soprattutto circoscritta al segmento di elettorato che segue con attenzione la politica, per cui è ragionevole ipotizzare che la campagna elettorale possa, forse, allargare il suo seguito. Dall’altro verso, ci sono l’Udc e le altre forze che si collocano al centro, come la Rosa Bianca (per la quale, tuttavia, vale nuovamente il discorso della ancora scarsa conoscenza): nel loro insieme, sembrano attirare il 6-7%. Si tratta di una percentuale di voti importante, specie per le sue conseguenze in termini di assegnazione dei seggi. Secondo un computo del professor D’Alimonte, infatti, la mancata alleanza con l’Udc potrebbe sottrarre al Pdl il premio di maggioranza per il Senato (che passerebbe ovviamente al Pd) in ben sei regioni (Umbria, Marche, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna) o forse sette (comprendendo la Liguria, ove però la situazione è più contraddittoria): ciò comporterebbe una sensibile riduzione del vantaggio di Berlusconi in termini di senatori e una seria messa in discussione della capacità di reggere di un suo futuro governo. Sull’altro lato del mercato elettorale, la Sinistra Arcobaleno ottiene oggi circa l’8-9%. Ma qui primeggia ovviamente il Pd, stimato attorno al 32-34%. Cui va sommato il consenso per Di Pietro, indicato attorno al 4%. Nell’insieme, quindi, Veltroni può contare su circa il 36-38% e si attesta ad almeno 7-10 punti da Berlusconi. Un distacco molto significativo, ma non irrecuperabile.
2) La campagna elettorale Di qui l'importanza crescente della campagna elettorale, che sta entrando nella sua fase più calda. Per ora, lo si è visto nei dibattiti televisivi, i toni sono ancora tranquilli e il confronto è spesso basato sui contenuti. Ciò è stato fortemente apprezzato dagli elettori, che hanno manifestato più volte in passato un forte disappunto per le risse e gli scontri troppo violenti. E’ ragionevole pensare, tuttavia, che la campagna assumerà un carattere di maggiore asprezza nelle prossime settimane. Sia perché i leader dovranno inevitabilmente pensare anche a mobilitare i rispettivi segmenti di elettorato sensibili soprattutto al voto «contro ». Sia, specialmente, perché, come si è visto, diversi indicatori suggeriscono che l’esito, vale a dire la vittoria del Pdl, benché assai probabile, non possa essere dato per scontato.
3) La popolarità dei leader In particolare, alcuni dati recenti fanno ipotizzare l’esistenza di cenni di «rimonta» del Pd. Negli ultimi giorni, le intenzioni di voto per Veltroni si sono accresciute di qualche punto percentuale: è un segnale debole, la cui misura è vicina al margine di approssimazione statistica, ma che può indicare l’esistenza di un trend diverso da quello manifestatosi negli ultimi mesi. In più, occorre considerare l’effetto del grado di popolarità dei leader. Molti elettori, specie i più lontani dalla politica, che tendono a decidere il voto negli ultimi giorni, faticano a distinguere nei dettagli le proposte di contenuto e si affidano più volentieri alla fiducia ispirata loro da questo o da quel personaggio, specie nei dibattiti televisivi. Ciò che muove questo segmento di popolazione, insomma, è più il grado di affidabilità ispirato dalla persona che l’adesione all'uno o all’altro elemento del programma. Proprio dal punto di vista della popolarità, Veltroni appare avvantaggiato. Da ormai qualche mese, nella graduatoria del consenso, il segretario del Pd è riuscito a scavalcare Fini che deteneva il primato da molto tempo. Veltroni risulta oggi gradito addirittura al 55% degli italiani, compresa dunque una quota significativa (quasi il 40%) dell’elettorato di centrodestra. Naturalmente, il possedere più popolarità non significa, di conseguenza, ottenere voti nella stessa misura. Si può essere molto apprezzati e poco votati o viceversa. Si tratta, tuttavia, di un plus significativo che può, forse, incidere in qualche misura nella campagna elettorale in corso.

Fonte www.corriere.it

2 commenti:

joshua ha detto...

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