giovedì 20 dicembre 2007

MORATORIA ANCHE PER L'ABORTO

ADERIAMO ALL'APPELLO LANCIATO DAI MEDICI CATTOLICI

DIFENDIAMO LA VITA!!!!

I Medici Cattolici di Milano salutano con favore il voto delle Nazioni Unite, ma non possono tacere di fronte all'incoerenza che il Paese sostenitore di questa pronuncia sia quello che permetta l'interruzione della gravidanza.
L' Amci - Associazione Medici Cattolici Italiani - di Milano saluta con favore e plaude alla decisione delle Nazioni Unite che hanno votato a favore della moratoria per la pena di morte.È un atto di civiltà, un richiamo alto e doveroso al rispetto della vita umana che proviene dalla terra che ha dato i natali a Cesare Beccaria. L'impegno del Governo nel sostenere questa linea e il positivo risultato raggiunto sono un giusto orgoglio per la nostra Nazione».«Ma al contempo - ribadiscono - i Medici Cattolici non possono tacere l'incoerenza che ha animato e anima alcuni sostenitori di questa positiva linea di condotta i quali da una parte invitano “a non toccare Caino” e dall'altra sostengono il diritto alla soppressione di una vita nascente. La dignità della vita va sempre tutelata, in ogni momento, dal concepimento alla fine. Nessuno si può ergere a giudice dell'altro».Per questa ragione, i medici cattolici invitano - con pacatezza, ma con ferma decisione - tutte le forze politiche e sociali a un ripensamento sulla cultura della vita in Italia.«Tra pochi giorni - concludono - ricorderemo la nascita del Salvatore del Mondo; davanti alla Sua esperienza di vita, tutti riscopriamo il valore di questo grande dono che ci è stato offerto».

mercoledì 19 dicembre 2007

IL DECRETO SICUREZZA DECADE. CHE FIGURA !!!

Il 31 dicembre decadrà il nuovo decreto legge per la sicurezza.

Il ministro Chiti ha spiegato i motivi della rinuncia: “Il governo ha mantenuto l'impegno preso al Senato: la via più diretta e lineare sarebbe stata la possibilità di togliere l'articolo 101-bis, che è improprio come collocazione e con una formulazione in parte errata. Ma - ha rilevato - non è possibile oggettivamente perché il Senato ha un calendario molto denso dovendo approvare finanziaria e welfare. L'altra strada a cui avevamo pensato, cioè un decreto legge ad hoc per togliere la norma, si è rivelato di difficile applicazione. A questo punto - ha spiegato il ministro - per mantenere l'impegno la via è quella di rinunciare alla conversione del decreto legge e contemporaneamente il ministero dell'Interno, che è titolare del provvedimento, sta valutando la costruzione di un altro provvedimento legislativo”. Infine, per quanto riguarda la norma sull'omofobia il ministro ha affermato: “Non c'è dubbio che sarà stralciata: tutti sono d'accordo per un provvedimento legislativo che affronti questi temi; c'è un ddl in discussione in commissione Giustizia della Camera ed è la sede appropriata”.

GASPARRI (AN): ORA AMATO SI DIMETTERA’ COME AVEVA DETTO?

Gasparri: “Il ritiro del decreto che non aumentava la sicurezza degli italiani e creava un caos con gli errori in materia sessuale rappresenta la vittoria dell’opposizione, la conferma che il governo e’ allo sbando, l’importanza del ruolo di garanzia del Capo dello Stato che ha dato un contributo essenziale affinche’ si evitasse lo scempio del diritto. Quanto e’ avvenuto dimostra una volta di piu’ che il governo non e’ in grado di affrontare l’emergenza sicurezza, e’ dilaniato e rappresenta un pericolo da ogni punto di vista. Amato disse che si sarebbe dimesso se non fosse passato il decreto. Ora lo fara’? E quando chiedono collaborazione come potremmo offrirla a chi fa solo disastri? Si dimettano travolti dal caso Petroni, dal caso Speciale, dal fallimento del decreto truffa. L’Italia non ne puo’ piu’”.

Mantovano:”Se - come tutti sanno - Giuliano Amato e’ persona di parola, e’ fuor di dubbio che dara’ le dimissioni nella medesima giornata in cui il governo ritira il decreto legge cui lo stesso ministro ha esplicitamente collegato la propria permanenza al Viminale. Un minuto prima di andare via egli ha pero’ il dovere di salvare gli effetti degli allontanamenti gia’ disposti e di correggere un altro errore, che aveva motivato in origine il decreto: quello che, in un precedente atto del governo, aveva concentrato il potere di allontanamento in capo allo stesso ministro. Se la scena offerta finora e’ stata un misto di farsa e di tragedia, Amato chiuda per lo meno con un briciolo di serieta”.

FELTRI DA' RAGIONE A FINI



Cara Daniela, i tuoi dissapori nei confronti di Gianfranco Fini sono noti e non mi stupisco del tuo desiderio di polemizzare con lui. Cose vostre, interne alla destra, forse addirittura personali. Capirai che su questa strada non ti posso seguire; non sono parte in causa, ma un semplice cronista con la grazia della libertà di critica. Credimi non ho alcun interesse che Berlusconi faccia la pace con Alleanza nazionale e con l'Udc. Ma siccome mi occupo, tra le altre cose, di politica ho intervistato Fini nel tentativo di cogliere l'ispirazione della sua linea. E le sue dichiarazioni hanno provocato un terremoto. Segno che erano importanti. Ho trovato strano l'atteggia mento dei coordinatori di Forza Italia Bondi e Cicchitto, i quali hanno risposto a Fini intervistato da Libero con una lettera indirizzata al Giornale anziché a noi. Più ridicoli e scorretti di così si muore. Ma non è di questo che intendo parlare. Stiamo al tema.
La Casa delle Libertà è stata demolita. Prima dall'uscita di Pier Ferdinando Casini. Poi dal Cavaliere che si è messo in proprio con il Popolo della libertà.
La manovra non mi ha colto impreparato. Già in settembre-ricorderai- avevo annunciato su Libero che Silvio aveva in programma di mollare gli alleati e costruire attorno ai circolo di Michela Brambilla un nuovo soggetto politico che raggruppasse chiunque avesse interesse all'iniziativa.

Ogni volta che scrivevo un articolo sull'argomento, venivo regolarmente smentito dallo stesso Silvio e deriso da tutti gli altri: il solito Feltri che si inventa scenari biblici.Viceversa è andata esattamente come avevo previsto.Non me ne glorio, per carità. Ma avrò pur qulache titolo per commentare.
Sicchè dico che Fini, se non ha tutte le ragioni, non ha neppure tutti i torti.
Secondo i sondaggi, egli dispone di un 12-14 per cento di consensi; inoltre è considerato l'uomo politico più stimabile. Lo si può trascurare, scaricare con una scrollatina di spalle? A me non sembra. Bisognerà pur ascoltarlo. Invece mi pare che il Cavaliere non abbia più voglia di farlo, preferendo attendere che bussi alla sua porta. Intendiamoci, ha il diritto di agire in questa maniera.Ma è logico che An-a questo punto- si ponga il problema di pensare alla sopravvivenza.O è vietato?
Gianfranco prospetta uno schieramento di destra alternativo al Popolo della libertà. Non certo alleandosi con una generica sinistra, ma con soggetti (per esempio Di Pietro, e magari l'Udeur:chi può dirlo?) che abbiano qualcosa in comune con An, senza ovviamente escludere l'Udc.E' una follia? Forse. Ma anche la corsa solitaria di Berlusconi è un azzardo. Eppure tu sorvoli.
Un osservatore distaccato come me è costretto a domandarsi perchè il Cavaliere rinunci all'apporto di partiti consistenti come An e Udc.
Immagino: ne ha piene le balle di trattare su ogni virgola, desidera comandare senza interferenze, non sopporta più le verifiche, le richieste di discontinuità e roba del genere.
Figurati se non afferro il concetto.
Però c'è un'incognita. Se è vero che per governare serve almeno il 51% dei voti, come farà il Popolo della libertà ad arrivarci senza il contributo degli ex alleati?
Si vede che il Cavaliere ha un asso nella manica. Quale? Due ipotesi. O punta su un premio di maggioranza garantito da una probabile nuova legge elettorale, che gli consentirebbe di aggiudicarsi il 55% dei seggi parlamentari (in caso di vittoria alle urne). Oppure punta - a spoglio avvenuto- a coalizzarsi con Veltroni pur evitando con cura di dirlo apertis verbis. Non si dà una terza opzione. Io almeno non la scorgo.
Dinanzi a questo quadro quantomeno nebuloso che dovrebbe fare Fini, suicidarsi? Cospargersi il capo di cenere? Detto ciò rimango convinto dell'opportunità che il centrodestra escogiti il modo di ricompattarsi.Però è indespensabile che se uno fa un primo passo, l'altro non ne compia due indietro.Altrimenti i quattro leader non si incontreranno mai.
In sostanza ho un timore: che a furia di litigare si finisca per favorire la sinistra, che in materia di liti non è seconda a nessuno, ma se si tratta di addentare il potere va d'amore e d'accordo.
Quanto al tuo dissenso circa la politica di Fini ho idee diverse. Anche io come lui non sono mai stato fascista pur apprezzando le opere di Mussolini (quelle buone, la maggior parte.) Come lui sono laico e ai referendum di alcuni anni fa (fecondazione assistita) votai una sfliza di sì. Come lui penso che studiare il Corano non conduca all'islam e semmai allontani da esso.L'ignoranza non è un pregio.Come lui penso che la destra debba evolversi e abbandonare posizioni bigotte e antiquate. La spiritualità, i valori della religione, Dio, la speranza di andare in paradiso e tutte queste belle cose sono affari strettamente personali, non prerogative di un partito come An.
Fini non è credente? Non lo sono sono neanche io. E allora? Ci condanni al rogo? Curioso.
Non mi fido di chi impone la sua fede e i suoi pregiudizi per statuto.
Preferisco la libertà e me la prendo.

martedì 18 dicembre 2007

LA LETTERA DI FINI A FORZA ITALIA

FINI, IO DIFENDO IL BIPOLARISMO: E' IL CAPOLAVORO DI BERLUSCONI

Qualche osservazione alla lunga nota degli onorevoli Bondi e Cicchitto. Per amore di chiarezza e con intento costruttivo. Spero.

1. Scrivono i dirigenti di Forza Italia "il progetto del partito unitario inizialmente sottoscritto nel novembre 2005 da tutti i componenti della CdL, si è arenato su alcuni nodi politici... Mosse politiche (di Fini e di An) controproducenti, dall'astensione nella fiducia al governo Dini, al rifiuto di formare il governo Meccanico fino all'iniziativa del cosiddetto elefantino... dalla richiesta di dimissioni di Giulio Tremonti, alla cabina di regia, alle ripetute richieste di verifica, alla contestazione della riduzione dell'Irpef, fino alla dissennata scelta di andare alle elezioni con le cosiddette tre punte e divisi sui candidati all'estero".

Sono tutti avvenimenti politici antecedenti il progetto unitario sottoscritto nel novembre 2005. E' troppo chiedere come sia possibile sottoscrivere un progetto e poi archiviarlo non per quello che è successo dopo bensì per quello che era successo... molti anni prima?

2. Sempre secondo Bondi e Cicchitto "il doveroso tentativo del presidente Berlusconi di far cadere Prodi in parlamento è stato considerato (da An) con un misto di ironia e sufficienza". Le ragioni del severo giudizio mi risultano misteriose, mentre è noto a tutti che in parlamento An ha sempre votato insieme a Forza Italia per far cadere Prodi e, a differenza degli azzurri, ha organizzato una manifestazione popolare con almeno cinquecentomila persone scese in piazza contro il governo.

3. Bondi e Cicchitto sembrano non capire che per noi il problema non è certo il confronto sulla legge elettorale tra Berlusconi e Veltroni che, come gli stessi ricordano correttamente, avevamo auspicato. Il problema è l'ipotesi di accordo che si profila tra Pd e Forza Italia, è il merito della cosiddetta bozza Bianco. Perché senza l'obbligo per i partiti di dichiarare prima del voto alleanze, programma di governo e candidato premier si tornerebbe davvero alla I repubblica, alle mani libere e alla logica dei due forni. Altro che " infondata propaganda"! E' questo aspetto della proposta Bianco che contestiamo duramente, non la soglia di sbarramento. E Bondi e Cicchitto hanno ragione quando dicono che la proposta non penalizza An come partito. Difatti la contestiamo perché crediamo nelle coalizioni fatte prima del voto, non perché vogliamo disfarcene!

4. il Referendum non è la panacea, ma rafforza il bipolarismo (che rappresenta il vero capolavoro politico di Berlusconi e che funziona ottimamente per comuni, province e regioni) perché porta i partiti a fare una lista unitaria, basata su un programma comune, prima del voto. Comprendiamo che la bozza Bianco piaccia a Veltroni che prima del voto potrebbe dire " mai il Pd alleato con la cosa rossa" e poi, se necessario, con Bertinotti potrebbe allearsi dopo il voto. Ma non capiamo perché piaccia a Berlusconi. Se vuole tanto bene agli alleati e li aspetta a braccia aperte, perché non si vuole impegnare a governare con loro prima del voto e sulla base di un programma concordato? Che cosa teme dal Referendum?

5. Se la nuova legge elettorale lascerà i partiti liberi di scegliere in parlamento (e non davanti agli elettori) con chi governare, è prevedibile che si possano formare intese anomale, opposte a quelle naturali. Ma insinuare, come fanno Bondi e Cicchitto, che possa farlo An con il Pd, assomiglia tanto al bue che dice cornuto all'asino!

6. Infine sul nuovo Pdl. I due dirigenti di Forza Italia affermano che "tutto della nuova forza politica va definito con il concorso di tutti. Dalla carta dei valori al programma, alle regole, allo statuto, sempre nell'ambito di una consonanza con il partito popolare europeo e dell'esperienza di governo della Casa delle libertà". Bene. Ma di grazia si può sapere dove dovrebbe avvenire tutto ciò? Certo non nei gazebo. E se, come penso, la risposta è nell'assemblea costituente del nuovo soggetto, è mistificatorio sapere chi ne dovrebbe far parte, con quali regole dovrebbe decidere, sulla base di quale documento politico discutere e su quali meccanismi democratici di funzionamento e di selezione della classe dirigente dovrebbe articolarsi il nuovo partito?

Gianfranco Fini


SU “SPECIALE” ATTACCHI STRUMENTALI A GASPARRI



L’Onorevole Maurizio Gasparri nel mese di novembre ha presentato un’interrogazione parlamentare in cui si chiede “se l'attuale Ministro dell'Economia il giorno 21 maggio 2006 abbia fruito di un elicottero della Guardia di Finanza per recarsi a Ventotene accompagnato dai familiari ed amici, posto che in tal caso sarebbe quantomeno singolare che da parte del Ministero dell'economia e delle finanze ci si accanisca a voler censurare l'utilizzo, peraltro previsto istituzionalmente, di mezzi militari per motivi di servizio o per esigenze di sicurezza del Generale Roberto Speciale mentre, lo stesso Ministro dell'economia ne ha fatto uso senza che ciò abbia suscitato furori censori da parte di chicchessia; se e quali componenti del Governo, anche in un recente passato, abbiano utilizzato mezzi aerei e navali del Corpo per fini non strettamente istituzionali”.
Stranamente due giorni fa lo stesso Gasparri è stato attaccato dal quotidiano La Repubblica che artatamente collega la posizione dell’esponente di AN sul caso Speciale con l’uso, badate bene, per “ben” due volte in cinque anni e per motivi istituzionali, di mezzi della Guardia di Finanza.
La cosa ancora più stravagante è l’elaborazione dei dati trasmessi dalla Guardia di Finanza fatta dal quotidiano che cerca di far apparrire ad ogni costo come nei cinque anni di governo del centro destra (2001-2006) l’uso dei mezzi sia stato nettamente superiore a quello fatto dal centro sinistra. La curiosità mi ha spinto a verificare nel dettaglio i dati riportati ed ho avuto la conferma di come la lettura data da Repubblica fosse chiaramente faziosa. Infatti se confrontiamo l’anno 2001 (II semestre governo di centro destra) con l’anno 2006 (II semestre governo di centro sinistra) l’uso dei mezzi da parte degli esponenti di governo del centro destra è di 9 voli e 2 imbarchi, mentre il dato del centro sinistra è di 18 voli e 8 imbarchi. Il 2007 inoltre non è completo e quindi non è possibile fare un confronto reale con i dati del 2002.
Fermo restando che l’utilizzo dei mezzi a disposizione delle Autorità di governo deve essere sempre “proprio” e non “improprio”, gli attacchi all’On.le Maurizio Gasparri appaiono quanto mai strani, soprattutto se si vanno a verificare altri nomi che ricorrono con ben altra assiduità.
Carla Mannetti
Presidente del Circolo Progetto L'Aquila

lunedì 17 dicembre 2007

SOS CENTRO STORICO. ATTI VANDALICI E SCHIAMAZZI NOTTURNI

LA POSIZIONE DEL CIRCOLO DI AN PROGETTO L'AQUILA SULL'INERZIA DEL SINDACO CIALENTE.

“La città di notte oramai è invivibile, il centro storico sembra il bronx (risse, schiamazzi, atti di vandalismo,etc), le forze dell’ordine giustamente intervengono e qualcuno si ribella usando parole grosse parlando addirittura di deriva militarista, di isterismo dei componenti dei comitati. I commercianti coinvolti minacciano la chiusura dei locali ed annunciano la creazione di un comitato a difesa del popolo della notte ed il Sindaco Cialente per il momento osserva ma non agisce. Il quadro è veramente inquientante, soprattutto perché non si può assolutamente far passare la linea che il piacere è solo alcol e droga, esiste anche altro: lo studio, lo sport e il volontariato e ci si può divertire lo stesso, con educazione, senza arrecare danno ad altri.” E’ quanto afferma Carla Mannetti, Presidente del Circolo di Alleanza Nazionale Progetto L’Aquila

“La situazione che sta emergendo in questi giorni, infatti, rasenta davvero l’incredibile.- continua Carla Mannetti - Nel nostro ordinamento esistono delle norme che devono essere osservate da tutti, dai commercianti ai giovani che frequentano i locali, a coloro che di notte si divertono a disturbare la quiete ed il riposo dei residenti, sia nelle strade che all’interno dei condomini.”

“ I Comitati cittadini hanno semplicemente chiesto più controlli e vigilanza affinchè sia garantito il rispetto della legge e le reazioni di alcuni esponenti, politici e non, appaiono veramente fuori luogo. D’altronde se a seguito dei controlli effettuati durante una sola notte è emerso un quadro veramente preoccupante (6 patenti di guida ritirate, 18 illeciti amministrativi contestati, persone segnalate al Prefetto per consumo di droga,una denuncia per resistenza al Pubblico Ufficiale, quattro giovani denunciati per rissa aggravata, tre persone refertate al pronto soccorso con prognosi da sette a venticinque giorni, un ragazzo ricoverato per gravi lesioni al volto) significa che qualcosa non funziona , che la nostra città non è più quella di una volta, dove ci si divertiva lo stesso anche nei locali notturni, ma tutto questo non accadeva.”

Alleanza nazionale plaude all’iniziativa delle forze dell’ordine- conclude la Mannetti- e chiede un intervento anche da parte del Comune che ad oggi non ha fatto ancora nulla, se non i soliti proclami demagogici, fini a se stessi e la presa di distanza dall’operazione posta in essere dalle forze dell’ordine. Il Sindaco è l’unico titolato ad assumere provvedimenti incisivi e ad adottare soluzioni risolutive del problema e deve scegliere da che parte stare: dalla parte di coloro che chiedono il rispetto della legalità o dalla parte di coloro che chiedono il contrario. Sarebbe auspicabile che i provvedimenti venissero condivisi da tutte le parti interessate, nella consapevolezza che la legalità va sempre e comunque garantita, così come sarebbe auspicabile che il Comune avviasse di concerto con l’Università, iniziative finalizzate a creare spazi, punti di incontro e di aggregazione per il mondo giovanile”.







venerdì 14 dicembre 2007

L'ITALIA DEVE TORNARE A SORRIDERE

Ian Fisher, cronista del New York Times, in un lungo articolo riportato ieri in prima pagina dal quotidiano americano, descrive accuratamente il malessere dell’Italia.

LEGGI L'ARTICOLO

L’analisi è durissima, ma purtroppo realistica.

“Tutto il mondo ama l’Italia, ma l’Italia non si vuole più bene”.

Il giornalista parla di depressione collettiva, dall’economia, alla politica, alla società.

L’Italia è povera, perché sono troppe sia le famiglie che vivono sotto la soglia della povertà, sia quelle che non riescono ad arrivare a fine mese; è vecchia, perché la stragrande maggioranza dei personaggi di spicco, dalla politica al mondo dello spettacolo, sono vecchi; il tasso di natalità è tra i più bassi d’Europa, ma soprattutto l’Italia è triste.

I problemi che affliggono il nostro paese non sono nuovi e nessuno riesce a proporre soluzioni che possano condurre ad una rinascita del paese. E così Fisher conclude il suo reportage paragonando l’Italia alla Repubblica di Venezia, bloccata dalla grandezza del passato, con gli anziani turisti a fare da incerta fonte di vita

Il Presidente della Repubblica Napolitano si è dichiarato fiducioso e scommette sulla nostra tradizione e il nostro spirito .

Credo, però, che sia necessario fare autocritica, perché in effetti il quadro attuale è veramente desolante.

L’Italia va a rotoli e con essa gli italiani.

L’attuale Governo è inesistente perché intento esclusivamente alla conservazione del posto a fatica conquistato.

Nel centro destra non esiste una strategia condivisa perché si continuano a percorrere strade diverse.

L’intero quadro politico è veramente debole.

La politica deve tornare al suo posto per conquistare di nuovo credibilità e l’Italia deve tornare a sorridere.

Alleanza nazionale ha intrapreso la strada giusta.

La posizione del nostro Presidente Fini sulla legge elettorale è chiara; ora, però, non si può più discutere esclusivamente di questo argomento, forse è arrivato il momento di concentrare tutte le forze sulla stesura di un programma serio e condiviso dai cittadini che possa finalmente dare le risposte che tutti attendono.

mercoledì 12 dicembre 2007

RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE. FINI HA RAGIONE!!!!!!


Il dibattito politico sulla riforma delle legge elettorale si anima sempre più.

Il nostro Presidente Gianfranco FINI, secondo un'agenzia dell'ADNKronos,durante il confronto sulle riforme con il segretario del Pd Walter Veltroni, in corso in questo momento al Palazzo Wedenkind, ha espresso un giudizio negativo poichè nel testo non c'e' l'obbligo del vincolo di coalizione che e' l'unico in grado di evitare che venga archiviata la stagione del bipolarismo che l'italia ha conosciuto in questi ultimi 13 anni.Proprio ieri sera nel corso della trasmissione Ballarò è stato illustrato un sondaggio da cui emergeva chiaramente che la stragrande maggioranza degli italiani vogliono conoscere, prima di andare a votare,le alleanza che sostengono la coalizione.

Per Alleanza Nazionale indicare le alleanze prima del voto è una questione dirimente.I cittadini hanno tutto il diritto di avere una legge chiara e trasparente. Basta inciuci, megalomanie, personalismi, linciaggi ad personam, ma soprattutto basta di considerare gli italiani come un popolo di fessi.

Riportiamo testualmente il comunicato stampa del senatore Enzo Bianco , Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato.

Si tratta di un sistema elettorale proporzionale, fondato sulla distribuzione dei seggi in base ai voti di lista ottenuti nelle circoscrizioni, da prevedere in numero superiore a quello determinatodalla legge vigente; i seggi sono attribuiti per metà in collegi uninominali e per l’altra metà su liste concorrenti di candidati, senza voto di preferenza. Le liste di candidati e i candidati nei collegi, presentati da ciascun partito o movimento politico organizzato, formano un unico "gruppo di candidati" nell’ambito della circoscrizione, fatta salva la possibilità di candidature individuali nei collegi uninominali.

Il testo propone due alternative di scelta per l'elettore: nella prima (IPOTESI A), l'elettore dispone di due voti, l'uno per il candidato nel collegio uninominale, l'altro per la lista circoscrizionale, voto che può essere evidentemente anche "disgiunto"; nell'altra possibilità (IPOTESI B), l’elettore dispone di un solo voto, valido sia per il candidato nel collegio uninominale, sia per la lista circoscrizionale ad esso collegata.

Questa formula garantisce un pieno recupero del rapporto diretto di scelta tra elettori ed eletti: sia per effetto dei collegi uninominali sia perché sono eliminate le candidature plurime. Chi si presenta in una lista circoscrizionale non può presentarsi in un'altra ma può presentarsi anche in un singolo collegio uninominale.

Alla ripartizione dei seggi sono ammesse le liste circoscrizionali che, nella somma dei voti ottenuti in tutte le circoscrizioni, conseguono una percentuale pari almeno al cinque per cento del totale nazionale dei voti validi; quando una lista non consegua quella percentuale nazionale ma ottenga almeno il sette per cento dei voti validi in cinque circoscrizioni è comunque ammessa al riparto dei seggi. Saranno inoltre previste misure di salvaguardia per l’elezione di rappresentanti dei territori di insediamento delle minoranze linguistiche.

Una volta individuate le liste ammesse, l’attribuzione dei seggi si compie a livello circoscrizionalee si realizza con il metodo d’Hondt (ovvero dividendo per 1, 2, 3, … il totale dei voti validi ottenuti da ciascuna lista in ambito circoscrizionale). Gli eletti nei collegi sono compresi nel numero complessivo di seggi attribuito con metodo proporzionale alle liste circoscrizionali. In ogni caso, i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti validi in ciascun collegio uninominale risultano eletti senz’altro, anche se fanno parte di gruppi di candidati le cui liste circoscrizionali, nel complesso, non abbiano ottenuto il 5 per cento dei voti a livello nazionale o il sette per cento in cinque circoscrizioni.

Come si intende, il sistema è simile a quello vigente in Germania, con alcuni adattamenti, derivanti in primo luogo da vincoli costituzionali.

Quando una lista di candidati sia insufficiente a coprire i seggi ottenuti nella circoscrizione, si ricorre ai candidati nei collegi appartenenti allo stesso gruppo che hanno conseguito le maggiori cifre individuali.

In conformità all’articolo 51 della Costituzione, si prevede che il numero massimo di candidati dello stesso sesso, per ciascun gruppo di candidati (presentati nelle liste e nei collegi e tra loro collegati), non possa eccedere i due terzi dei seggi assegnati alla circoscrizione, mentre le liste di candidati debbono essere formate in modo che non vi siano più di due candidati dello stesso sesso in successione immediata.

Infine, ma non da ultimo per rilevanza politica, si prevede che ogni partito, nel depositare il contrassegno, debba presentareun programma di Governo, a titolo proprio o in coalizione con altri partiti con vincolo di reciprocità, nonché, con le stesse modalità, indicare il nome della persona da sottoporre al Presidente della Repubblica, in esito alle elezioni, quale candidato alla carica di Presidente del Consiglio dei ministri.

Tale opzione è coerente a una esperienza di competizione bipolare assimilata dagli elettori e apprezzata anche nelle elezioni territoriali (locali e regionali) perché affida agli stessi elettori una possibilità di scelta, o almeno di consapevolezza, proiettata anche sugli equilibri di Governo conseguenti alle elezioni. Allo stesso tempo, il suocarattere non vincolante corrisponde a una nuova sensibilità, anch'essa assai avvertita, di trascorrere da un bipolarismo "ingessato" a un bipolarismo di nuova concezione, fondato su scelte libere e non su contrapposizioni pregiudiziali né sulla rinuncia a identità programmatiche e culturali.

Quanto al sistema di elezione del Senato, si distingue da quello previsto per la Camera in quanto esso è fondato su un computo regionale dei voti sia per l’ammissione delle liste che superano la soglia di sbarramento del cinque per cento, sia per la ripartizione dei seggi in ragione proporzionale. Ciò in conformità al noto vincolo costituzionale che esige una base regionale di elezione. Per il resto, si applicano le regole, con gli opportuni adattamenti, già illustrate per l’elezione della Camera dei deputati.

Una riforma elettorale funzionale, infine, deve avere quale obiettivo primario quello di favorire un assetto politico e istituzionale fondato sul rispetto della volontà degli elettori e sulla ricerca della stabilità di Governo: a questo scopo essa va necessariamente integrata da limitate ma efficaci misure di revisione costituzionale, con particolare riguardo alla cosiddetta sfiducia costruttiva, da modifiche ai Regolamenti parlamentari che assicurino in primo luogo la conformità tra la formazione dei Gruppi parlamentari e l’articolazione tra gli attori della competizione elettorale, nonché da interventi in tema di contributi ai Gruppi parlamentari e di rimborsi delle spese elettorali, diretti al medesimo scopo.

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martedì 11 dicembre 2007

LE CONVERGENZE PARALLELE DI POLITICA E EDITORIA

LIBERO, L’UNITA’ E IL RIFORMISTA

IL RUOLO DI SANTANCHE’ E FELTRI

Le strane alchimie del mondo dell’editoria piano piano stanno uscendo allo scoperto.

Il 27 novembre il quotidiano Italia Oggi pubblicava un articolo in cui si commentava “un paradosso da guiness dei primati:Daniela Santanchè, infatti, lo scorso 7 novembre ha acquistato il 50% della Società a responsabilità limitata ADV srl, fino ad allora controllata interamente da Tosinvest della famiglia Angelucci, società destinata a raccogliere la pubblicità del gruppo editoriale Tosinvest (Libero e Il Riformista).

Nel contempo Vittorio Feltri viene nominato nuovo consigliere di amministrazione di Tosinvest Editoria ed inizia a trapelare la notizia che il gruppo Tosinvest sta per acquistare L’Unità.

Oggi Il Giornale riporta un articolo di Luca Telese: Libero e L’Unità diventano compagni…….. uniti se non da una comune causa almeno da una comune proprietà, la famiglia Angelucci, che dopo Libero ha acquistato il Riformista e dopo il Riformista L’Unità.

Ovviamente i giornalisti dell’Unità sono sul piede di guerra e chiedono ai nuovi editori una Carta dei Valori ed un Comitato dei Garanti.

Gli imprenditori fanno il loro mestiere e non intendiamo commentare le loro scelte.

Certo alcune coincidenze appaiono alquanto strane: la Santanchè acquista il 50% delle quote della Società Adv srl , poi aderisce alla Destra, ovviamento il quotidiano Libero le dedica il giorno dopo solo sei pagine, ovviamente il Presidente Fini viene volgarmente attaccato dallo stesso Feltri, che alcuni giorni dopo cambia registro per poi cambiarlo nuovamente.

Viene da chiedersi a gran voce: ma in mano a chi stiamo?

Quale sarà mai la verità vera? Abbiamo tutti il diritto di essere informati, quel diritto di informazione che lo stesso Feltri ha sempre reclamato con forza, ingannando tutti, soprattutto noi di Alleanza Nazionale che lo abbiamo sempre seguito.

Personalmente ho deciso di non acquistare più il quotidiano Libero, ma sinceramente tutti questi strani giochini mi preoccupano perché fotografano una realtà diversa da quella che ci vogliono far apparire.

Carla Mannetti

venerdì 7 dicembre 2007

AVVISO A TUTTI GLI AMICI DEL CIRCOLO

Lunedì 10 dicembre alle ore 18,30 in L’Aquila presso il Palazzetto dei Nobili si svolgerà la manifestazione organizzata dai Comitati l’Aquila Centro e L’Aquila Sicura, a cui hanno aderito anche altri comitati cittadini.

Il titolo della manifestazione è “LA CITTA’ INVISIBILE. QUELLA CHE NON SI ARRENDE ALL’INDIFFERENZA. Tale denominazione prende spunto dal romanzo di Italo Calvino e non è un caso: Le città invisibili di Calvino sono quelle che non trovano posto in nessun atlante, dove tutto gira attorno al rapporto tra i luoghi e i loro abitanti e le difficoltà che portano a vivere le città. L’idea centrale è fare diventare visibili, quindi accessibili, quelle che fin ora sono solo città immaginate da chi vive in una condizione difficile.

Il convegno, oltre che momento di riflessione, vuole essere occasione per avanzare proposte concrete.

E’ per questo che la presenza delle istituzioni cittadine è fondamentale. Insieme, infatti, si possono risolvere i tanti problemi che affliggono la nostra città: il degrado e gli atti vandalici; gli schiamazzi notturni e rumori molesti; il rispetto delle ZTL; le problematiche legate al traffico.

Le soluzioni ci sono ed è possibile, nell’ambito di una civile convivenza e senza creare ed alimentare conflitti tra le varie categorie coinvolte, rendere la nostra città visibile e vibile per tutti.

COMITATO L’AQUILA CENTRO COMITATO L’AQUILA SICURA

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I Comitati “L’Aquila Sicura” e L’Aquila Centro” esprimono soddisfazione per la folta, sentita e, a tratti, vivace, partecipazione delle varie componenti della società civile aquilana al convegno dibattito svoltosi il 10 dicembre nel Palazzetto dei Nobili.

Confermano il loro impegno a proseguire nella loro azione in difesa della vivibilità e del decoro della città.

Nei prossimi giorni i Comitati consegneranno al Sindaco del Comune di L’Aquila, On.le Cialente, un documento contenente le proposte formalizzate il 10 dicembre nel corso dell'incontro, nonché una disamina dei provvedimenti assunti da vari Sindaci, dal nord al sud d’Italia, per arginare il fenomeno degli schiamazzi notturni e del vandalismo.

CONTATTA IL COMITATO L'AQUILA SICURA laquilasicura@email.it

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PARCO BADEN POWELL: L’Assessore Filieri convocato dalla V Circoscrizione.

E’ stata accolta all’unanimità la richiesta avanzata dal consigliere Ersilia Lancia, di convocare alla prossima seduta del consiglio della V Circoscrizione, che si terrà lunedì pomeriggio, l’Assessore all’ambiente David Filieri con delega, tra l’altro, alla progettazione e manutenzione del verde pubblico, onde discutere dei problemi relativi al Parco di Via Amiternum n.8

Si tratta di una iniziativa che rientra in un’operazione di più ampio respiro che ho intrapreso personalmente in circoscrizione per portare all’attenzione dell’attuale amministrazione il problema delle aree verdi di Pettino e in particolare dell’area del parco di Via Amiternum.”ha dichiarato Ersilia Lancia, consigliere della V Circoscrizione e componente del Direttivo del Circolo Progetto L’Aquila.

“ Il parco “Baden Powell” rappresenta, infatti, in maniera emblematica la situazione di degrado e abbandono in cui versano da tempo le zone verdi della nostra città, vista l’incuria e l’assenza di una manutenzione ordinaria efficace e costante nel tempo, equamente distribuita sul territorio.

L’assessore dovrà spiegarci- continua Lancia- quali sono le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria che intende mettere in campo per il recupero e la valorizzazione di questa importante ma mortificata area verde di Pettino. “

“E’ necessario risolvere i problemi di manutenzione del verde pubblico, ma soprattutto offrire risposte concrete a tutti quei cittadini (bimbi, anziani, padroni di cani) che nonostante tutto continuano a frequentare il parco e che proprio per questo hanno diritto a una fruizione civile, sicura, decorosa.Occorre davvero restituire dignità a questi luoghi- conclude l’esponente di Alleanza Nazionale- e mi auguro vivamente che il prossimo annunciato incontro in Circoscrizione con l’assessore Filieri sortisca al riguardo effetti positivi e concreti.”

giovedì 6 dicembre 2007

CUS: IL REGALO DI NATALE AGLI ITALIANI DI CESARE SALVI.

Il senatore Cesare Salvi, relatore della bozza di legge sui Contratti di Unione Solidale e Presidente della commissione Giustizia al Senato, è riuscito nell’intento di ricondurre al centro dell’agenda politica l’annoso problema delle coppie di fatto, scommettendo che la legge sarà portata in aula entro la fine di gennaio.Nel frattempo nei giorni scorsi il testo è stato approvato dal Senato.

Un bel regalo di Natale per tutti coloro che nel Natale del Signore ci credono veramente!

Tralasciando di discettare sulle falle che si sono nuovamente aperte all’interno della coalizione di centro sinistra (vedi la posizione del ministro Massimo D’Alema) , credo sia opportuno che tutti i nostri rappresentanti in parlamento, che si dichiarano cattolici, hanno il dovere morale di leggere quanto scritto da papa Benedetto XVI in un suo intervento del 3 giungo 2003, quando era ancora a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede.

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

CONSIDERAZIONI CIRCA I PROGETTI DI RICONOSCIMENTO LEGALE
DELLE UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI

INTRODUZIONE

1. Diverse questioni concernenti l'omosessualità sono state trattate recentemente più volte dal Santo Padre Giovanni Paolo II e dai competenti Dicasteri della Santa Sede.(1) Si tratta infatti di un fenomeno morale e sociale inquietante, anche in quei Paesi in cui non assume un rilievo dal punto di vista dell'ordinamento giuridico. Ma esso diventa più preoccupante nei Paesi che hanno già concesso o intendono concedere un riconoscimento legale alle unioni omosessuali che, in alcuni casi, include anche l'abilitazione all'adozione di figli. Le presenti Considerazioni non contengono nuovi elementi dottrinali, ma intendono richiamare i punti essenziali circa il suddetto problema e fornire alcune argomentazioni di carattere razionale, utili per la redazione di interventi più specifici da parte dei Vescovi secondo le situazioni particolari nelle diverse regioni del mondo: interventi destinati a proteggere ed a promuovere la dignità del matrimonio, fondamento della famiglia, e la solidità della società, della quale questa istituzione è parte costitutiva. Esse hanno anche come fine di illuminare l'attività degli uomini politici cattolici, per i quali si indicano le linee di condotta coerenti con la coscienza cristiana quando essi sono posti di fronte a progetti di legge concernenti questo problema.(2) Poiché si tratta di una materia che riguarda la legge morale naturale, le seguenti argomentazioni sono proposte non soltanto ai credenti, ma a tutti coloro che sono impegnati nella promozione e nella difesa del bene comune della società.

I. NATURA E CARATTERISTICHE IRRINUNCIABILI
DEL MATRIMONIO

2. L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone umane. Esso è stato fondato dal Creatore, con una sua natura, proprietà essenziali e finalità.(3) Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone. In tal modo si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite.

3. La verità naturale sul matrimonio è stata confermata dalla Rivelazione contenuta nei racconti biblici della creazione, espressione anche della saggezza umana originaria, nella quale si fa sentire la voce della natura stessa. Tre sono i dati fondamentali del disegno creatore sul matrimonio, di cui parla il Libro della Genesi.

In primo luogo l'uomo, immagine di Dio, è stato creato « maschio e femmina » (Gn 1, 27). L'uomo e la donna sono uguali in quanto persone e complementari in quanto maschio e femmina. La sessualità da un lato fa parte della sfera biologica e, dall'altro, viene elevata nella creatura umana ad un nuovo livello, quello personale, dove corpo e spirito si uniscono.

Il matrimonio, poi, è istituito dal Creatore come forma di vita in cui si realizza quella comunione di persone che impegna l'esercizio della facoltà sessuale. « Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne » (Gn 2, 24).

Infine, Dio ha voluto donare all'unione dell'uomo e della donna una partecipazione speciale alla sua opera creatrice. Perciò Egli ha benedetto l'uomo e la donna con le parole: « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn 1, 28). Nel disegno del Creatore complementarità dei sessi e fecondità appartengono quindi alla natura stessa dell'istituzione del matrimonio.

Inoltre, l'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna è stata elevata da Cristo alla dignità di sacramento. La Chiesa insegna che il matrimonio cristiano è segno efficace dell'alleanza di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5, 32). Questo significato cristiano del matrimonio, lungi dallo sminuire il valore profondamente umano dell'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna, lo conferma e lo rafforza (cf. Mt 19, 3-12; Mc 10, 6-9).

4. Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. Gli atti omosessuali, infatti, « precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati ».(4)

Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali « sono condannate come gravi depravazioni... (cf. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10). Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ».(5) Lo stesso giudizio morale si ritrova in molti scrittori ecclesiastici dei primi secoli (6) ed è stato unanimemente accettato dalla Tradizione cattolica.

Secondo l'insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali « devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione ».(7) Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità.(8) Ma l'inclinazione omosessuale è « oggettivamente disordinata »(9) e le pratiche omosessuali « sono peccati gravemente contrari alla castità ».(10)

II. ATTEGGIAMENTI NEI CONFRONTI
DEL PROBLEMA DELLE UNIONI OMOSESSUALI

5. Nei confronti del fenomeno delle unioni omosessuali, di fatto esistenti, le autorità civili assumono diversi atteggiamenti: a volte si limitano alla tolleranza di questo fenomeno; a volte promuovono il riconoscimento legale di tali unioni, con il pretesto di evitare, rispetto ad alcuni diritti, la discriminazione di chi convive con una persona dello stesso sesso; in alcuni casi favoriscono persino l'equivalenza legale delle unioni omosessuali al matrimonio propriamente detto, senza escludere il riconoscimento della capacità giuridica di procedere all'adozione di figli.

Laddove lo Stato assuma una politica di tolleranza di fatto, non implicante l'esistenza di una legge che esplicitamente concede un riconoscimento legale a tali forme di vita, occorre ben discernere i diversi aspetti del problema. La coscienza morale esige di essere, in ogni occasione, testimoni della verità morale integrale, alla quale si oppongono sia l'approvazione delle relazioni omosessuali sia l'ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali. Sono perciò utili interventi discreti e prudenti, il contenuto dei quali potrebbe essere, per esempio, il seguente: smascherare l'uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso. A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi, bisogna ricordare che la tolleranza del male è qualcosa di molto diverso dall'approvazione o dalla legalizzazione del male.

In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell'equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest'ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all'applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all'obiezione di coscienza.

III. ARGOMENTAZIONI RAZIONALI
CONTRO IL RICONOSCIMENTO LEGALE
DELLE UNIONI OMOSESSUALI

6. La comprensione dei motivi che ispirano la necessità di opporsi in questo modo alle istanze che mirano alla legalizzazione delle unioni omosessuali richiede alcune considerazioni etiche specifiche, che sono di diverso ordine.

Di ordine relativo alla retta ragione

Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo a quello della legge morale,(11) ma la legge civile non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare la coscienza.(12) Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha ragione di legge in quanto è conforme alla legge morale naturale, riconosciuta dalla retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i diritti inalienabili di ogni persona.(13) Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell'istituzione matrimoniale, all'unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un'istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio.

Ci si può chiedere come può essere contraria al bene comune una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra comportare ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell'ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell'intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune. Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell'uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse « svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità e un costume ».(14) Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti. La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l'oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell'istituzione matrimoniale.

Di ordine biologico e antropologico

7. Nelle unioni omosessuali sono del tutto assenti quegli elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia che potrebbero fondare ragionevolmente il riconoscimento legale di tali unioni.

Esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L'eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana,(15) non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza.

Nelle unioni omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale, che rappresenta la forma umana ed ordinata delle relazioni sessuali. Esse infatti sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono il mutuo aiuto dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla trasmissione della vita.

Come dimostra l'esperienza, l'assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all'interno di queste unioni. Ad essi manca l'esperienza della maternità o della paternità. Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo dell'adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano. Certamente una tale pratica sarebbe gravemente immorale e si porrebbe in aperta contraddizione con il principio, riconosciuto anche dalla Convenzione internazionale dell'ONU sui diritti dei bambini, secondo il quale l'interesse superiore da tutelare in ogni caso è quello del bambino, la parte più debole e indifesa.

Di ordine sociale

8. La società deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio. La conseguenza inevitabile del riconoscimento legale delle unioni omosessuali è la ridefinizione del matrimonio, che diventa un'istituzione la quale, nella sua essenza legalmente riconosciuta, perde l'essenziale riferimento ai fattori collegati alla eterosessualità, come ad esempio il compito procreativo ed educativo. Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni possibili, il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento del bene comune. Mettendo l'unione omosessuale su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed entra in contraddizione con i propri doveri.

A sostegno della legalizzazione delle unioni omosessuali non può essere invocato il principio del rispetto e della non discriminazione di ogni persona. Una distinzione tra persone oppure la negazione di un riconoscimento o di una prestazione sociale non sono infatti accettabili solo se sono contrarie alla giustizia.(16) Non attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali non si oppone alla giustizia, ma, al contrario, è da essa richiesto.

Neppure il principio della giusta autonomia personale può essere ragionevolmente invocato. Una cosa è che i singoli cittadini possano svolgere liberamente attività per le quali nutrono interesse e che tali attività rientrino genericamente nei comuni diritti civili di libertà, e un'altra ben diversa è che attività che non rappresentano un significativo e positivo contributo per lo sviluppo della persona e della società possano ricevere dallo Stato un riconoscimento legale specifico e qualificato. Le unioni omosessuali non svolgono neppure in senso analogico remoto i compiti per i quali il matrimonio e la famiglia meritano un riconoscimento specifico e qualificato. Ci sono invece buone ragioni per affermare che tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale.

Di ordine giuridico

9. Poiché le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l'ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, il diritto civile conferisce loro un riconoscimento istituzionale. Le unioni omosessuali invece non esigono una specifica attenzione da parte dell'ordinamento giuridico, perché non rivestono il suddetto ruolo per il bene comune.

Non è vera l'argomentazione secondo la quale il riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per evitare che i conviventi omosessuali perdano, per il semplice fatto della loro convivenza, l'effettivo riconoscimento dei diritti comuni che essi hanno in quanto persone e in quanto cittadini. In realtà, essi possono sempre ricorrere – come tutti i cittadini e a partire dalla loro autonomia privata – al diritto comune per tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse. Costituisce invece una grave ingiustizia sacrificare il bene comune e il retto diritto di famiglia allo scopo di ottenere dei beni che possono e debbono essere garantiti per vie non nocive per la generalità del corpo sociale.(17)

IV. COMPORTAMENTI DEI POLITICI CATTOLICI
NEI CONFRONTI DI LEGISLAZIONI
FAVOREVOLI ALLE UNIONI OMOSESSUALI

10. Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche.

Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale.

Nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità. Se non fosse possibile abrogare completamente una legge di questo genere, egli, richiamandosi alle indicazioni espresse nell'Enciclica Evangelium vitae, « potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica », a condizione che sia « chiara e a tutti nota » la sua « personale assoluta opposizione » a leggi siffatte e che sia evitato il pericolo di scandalo.(18) Ciò non significa che in questa materia una legge più restrittiva possa essere considerata come una legge giusta o almeno accettabile; bensì si tratta piuttosto del tentativo legittimo e doveroso di procedere all'abrogazione almeno parziale di una legge ingiusta quando l'abrogazione totale non è possibile per il momento.

CONCLUSIONE

11. La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nell'Udienza concessa il 28 marzo 2003 al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato le presenti Considerazioni, decise nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 3 giugno 2003, Memoria dei Santi Carlo Lwanga e Compagni, Martiri.

Joseph Card. Ratzinger
Prefetto

NOTE(1) Cf. Giovanni Paolo II, Allocuzioni in occasione della recita dell'Angelus, 20 febbraio 1994 e 19 giugno 1994; Discorso ai partecipanti dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 24 marzo 1999; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359, 2396; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 8; Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986; Alcune Considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992; Pontificio Consiglio per la Famiglia, Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa circa la risoluzione del Parlamento Europeo in merito alle coppie omosessuali, 25 marzo 1994; Famiglia, matrimonio e « unioni di fatto », 26 luglio 2000, n. 23.

(2) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 4.

(3) Cf. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 48.

(4) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357.

(5) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 8.

(6) Cf. per esempio S. Policarpo, Lettera ai Filippesi, V, 3; S. Giustino, Prima Apologia, 27, 1-4; Atenagora, Supplica per i cristiani, 34.

(7) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358; cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986, n. 10.

(8) Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986, n. 12.

(9) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358.

(10) Ibid., n. 2396.

(11) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 71.

(12) Cf. ibid., n. 72.

(13) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2.

(14) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 90.

(15) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, 22 febbraio 1987, II. A. 1-3.

(16) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 63, a. 1, c.

(17) Occorre non dimenticare inoltre che sussiste sempre « il pericolo che una legislazione che faccia dell'omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge » (Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992, n. 14).

(18) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 73.

mercoledì 5 dicembre 2007

CORRI SALTA E LANCIA : An progetto L’Aquila scrive al Sindaco Cialente

Una lettera aperta al Sindaco di L’Aquila Massimo Cialente per chiedere la convocazione di un incontro con le parti interessati per evitare che la nona edizione della manifestazione Corri, Salta e Lancia venga effettivamente sospesa.
Si riporta di seguito il testo della lettera:
“Nei mesi scorsi lo scrivente circolo aveva lanciato sugli organi di stampa un appello alle Istituzioni affinchè le stesse intervenissero con urgenza per salvaguardare la manifestazione Corri, Salta e Lancia. Oggi, con amarezza, apprendiamo che l’Associazione Sportiva Atletica L’Aquila ha deciso di sospendere l’organizzazione della 9° edizione del trofeo.
E’ un fatto molto grave per la nostra città e soprattutto per gli alunni delle scuole elementari cittadine che da anni partecipano all’evento.
Con questa lettera desideriamo ribadire quanto già affermato in precedenza sull’opportunità di tutelare la pratica dello sport e consentire alle società sportive di svolgere serenamente la loro attività.
E’ veramente triste per noi aquilani assistere in questi giorni prima alla querelle legata alla gestione della piscina comunale ed oggi a quella di Piazza D’Armi.
Le chiediamo, pertanto, di convocare con urgenza un incontro con le parti al fine di evitare che la nona edizione della manifestazione salti.
Signor Sindaco,i nostri figli hanno tutti i diritti di poter svolgere in tranquillità la pratica sportiva senza essere indirettamente coinvolti in questioni che non hanno nulla a che vedere con tale opportunità

RECALL. COME RIEQUILIBRARE IL RAPPORTO FRA DEMOCRAZIA DIRETTA E DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

Nei momenti di partecipazione attiva dei cittadini alla politica, il bisogno di revocare gli eletti è emerso in tutti i tempi e in tutti i paesi.

L'istituto della revoca (recall) è contemplato in vari Paesi dell'America Latina: 2 milioni e mezzo di venezuelani, nel 2003, ne hanno fatto uso nei confronti di Chavez, che però ha superato la prova delle urne. Nello stesso anno è invece andata peggio al governatore democratico della California Gray Davis, revocato 11 mesi dopo l'elezione ritenuto “responsabile” di un deficit statale dell’ordine di circa 40 milioni di dollari, a referendum popolare. In seguito al recall Davis venne destituito e Arnold Schwarzenegger prese il suo posto.Infatti da quelle parti il recall esiste fin dal 1911, è stato richiesto 31 volte per rimuovere un governatore, funziona pure nei riguardi di deputati e senatori, come avviene in altri 18 Stati dell'Unione. La California è lo Stato più popoloso degli Usa, con un Pil superiore a quello dell'Italia. Se può permettersi di licenziare i governanti inetti, significa che è un buon esempio da seguire.

Silvia Ferretto, consigliere regionale di alleanza nazionale in Lombardia, ha lanciato nei giorni scorsi una proposta sul diritto di revoca del mandato dei rappresentanti eletti in Consiglio Regionale. Tale opportunità meglio conosciuta come recall è già in vigore in numerosi stati americani così come nella Confederazione Elvetica (Abberufsrechts) e consiste appunto nella possibilità degli elettori di revocare anticipatamente, per mezzo di un referendum popolare con quorum prestabiliti, il mandato elettivo.

Sono convinta – ha dichiarato la Ferretto - che il recall rappresenti un importante strumento di democrazia diretta del quale dovrebbero poter disporre tutti gli elettori ed è per questo che ho presentato un emendamento allo Statuto affinchè esso venga introdotto nella nostra normativa regionale, con l’auspicio che il nostro esempio venga adottato da altre regioni e anche a livello nazionale.

La proposta è stata prontamente accolta dal Capogruppo di Alleanza Nazionale in Regione Abruzzo, Alfredo Castiglione, che a giorni presenterà una proposta da sottoporre al vaglio del Consiglio Regionale.

“L’esigenza - speiga Castiglione- è quella di porre un freno all’indecorosa transumanza degli eletti da un partito all’altro, alla mercificazione dell’incarico elettivo a fini personali, restituendo il pallino agli elettori. La politica non può ridursi al calciomercato né può diventare ostaggio di chi dà vita a partiti politici per ricattare e condizionare le scelte di chi è stato eletto dagli elettori”

Progetto L’Aquila condivide al 100 % la proposta dei consiglieri regionali ed auspica che nei prossimi giorni sia messa in atto una grossa mobilitazione del partito a livello regionale per sostenere il provvedimento.

Un argine contro il trasformismo è costituzionalmente possibile
di Salvatore Curreri* 17 Maggio 2007

È opinione prevalente tra i giuristi che i cambi di partito e di schieramento politico cui, com’era prevedibile, stiamo assistendo in questo inizio di legislatura siano costituzionalmente legittimi perché protetti dall’art. 67 della nostra Costituzione, secondo cui “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Ciascun parlamentare, quindi, sarebbe libero di mutare orientamento politico senza con ciò perdere il proprio seggio, in quanto rappresentante non del partito che lo ha candidato o degli elettori che lo hanno votato ma dei supremi interessi nazionali.
Questa interpretazione del dettato costituzionale non mi ha mai convinto, così come non convince la gran parte degli elettori, i quali, indignati e delusi, considerano tali fenomeni un tradimento della propria volontà elettorale. A che vale, infatti, votare per la lista di un partito, per un programma e per un candidato premier, se poi i singoli eletti possono fare e sfare tutto ciò che vogliono in nome del loro libero mandato parlamentare?
In realtà questa mitica concezione del parlamentare come libero interprete del bene supremo della Nazione è frutto di una visione paleoliberale, ottocentesca della rappresentanza politica, quando i pochi cittadini con diritto di voto eleggevano senza alcuna intermediazione coloro che reputavano per capacità personali i “migliori”, come tali in grado di interpretare ciò che era bene per tutti.
L’introduzione del suffragio universale e la nascita dei partiti politici di massa segnano il passaggio dallo Stato liberale allo Stato democratico, dove la sovranità spetta non alle istituzioni statali ma al popolo, il quale la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1), e precipuamente attraverso i partiti che sono lo strumento attraverso cui i cittadini sono in grado di concorrere quotidianamente alla determinazione della politica nazionale (art. 49). Il voto, infatti, oggi non è più delega in bianco a chi si ritiene superiore perché interpreti la volontà comune ma è scelta di un indirizzo politico di partito e di coloro che, una volta eletti, sono chiamati a perseguirlo. Se così non fosse, saremmo come il popolo inglese di cui parlava Rousseau che credeva, sbagliandosi di grosso, di essere libero: in realtà lo era solo il giorno delle elezioni; appena eletti i parlamentari, esso tornava schiavo, non era più niente.
Si è passati così dal divieto di mandato imperativo al mandato di partito. Gli elettori oggi non votano per il candidato a prescindere dal partito, né il partito a prescindere dai candidati, ma votano insieme per il partito e per i candidati. In democrazia, gli eletti quindi sono chiamati a perseguire il programma politico del partito che li ha candidati e che gli elettori hanno votato.
Quanto sopra assume ancora più forza da quando, grazie alla riforma elettorale del 1993, siamo passati da una democrazia consociativa ad una democrazia maggioritaria; da quando cioè, per riprendere una efficace immagine di Duverger, gli elettori non si limitano più a distribuire le carte ai partiti perché questi decidano come giocarle per vincere sul tavolo della politica, ma vogliono loro stessi decidere chi deve vincere la partita, chi deve andare al governo e chi all’opposizione.
Coloro che giustificano il trasformismo politico appellandosi all’art. 67 Cost. si basano su una interpretazione isolata e perciò parziale di tale disposizione, senza tenere conto del contesto costituzionale in cui essa si inserisce. Si tratta, invece, di interpretare il divieto di mandato imperativo alla luce del preminente principio della sovranità popolare e non, viceversa come oggi si è soliti, il principio della sovranità popolare alla luce del divieto di mandato imperativo, trovando soluzioni intermedie che rendano il rappresentante né il libero ed assoluto interprete del mandato ricevuto dagli elettori né, per non cadere nell’eccesso opposto, il pavido e docile esecutore di direttive oligarchiche di partito, pena la perdita del mandato.Basta del resto guardare un po’ al di là dei nostri confini per rendersi conto che il tema della rappresentanza politica può trovare altre forme di declinazione. La Costituzione portoghese, ad esempio, pur affermando che i deputati rappresentano l’intero paese, prevede la perdita del seggio in caso di iscrizione ad un partito diverso da quello per cui ci si è candidati. In Spagna, dove il fenomeno del c.d. transfughismo politico era particolarmente diffuso, i regolamenti delle Cortes e delle assemblee regionali penalizzano coloro che cambiano gruppo, ad esempio obbligandoli ad iscriversi nel gruppo misto e privandoli di risorse economiche e strutturali. Negli Stati Uniti è previsto il recall che permette agli elettori di poter revocare il mandato dei propri eletti (un sistema simile ad esempio si sarebbe potuto introdurre in Italia, magari su iniziativa dello stesso partito, se si fossero mantenuti i collegi uninominali)
Nel nostro paese si è tentato di introdurre talune limitazioni, finora senza fortuna. Ci ha provato l’allora Presidente della Camera Violante, sull’onda del clamoroso caso di compravendita di un parlamentare esploso nella XIII legislatura. Lo stesso tanto vituperato progetto di riforma costituzionale, bocciato nel referendum del 25-26 giugno 2006, riprendendo un’idea contenuta nella bozza Amato, prevedeva lo scioglimento delle Camere nel caso in cui la maggioranza a sostegno del governo fosse variata con il contributo determinante di parlamentari dell’opposizione.
Come si vede, il tema della rappresentanza politica è molto più complesso Ridurlo al vieto ritornello del parlamentare libero interprete della volontà della Nazione significa avere una concezione un po’ datata ed aristocratica della democrazia. Si tratta piuttosto di superare l’indignazione di comodo che caratterizza talvolta le posizioni dei partiti per introdurre a vario livello (convenzionale, regolamentare, costituzionale) soluzioni atte ad arginare il fenomeno del trasformismo politico. Perché ad esempio i partiti italiani, al pari di quelli spagnoli, non sottoscrivono un patto anti-transfughismo in cui si impegnano vicendevolmente a non accogliere, né candidare parlamentari che abbiano cambiato casacca? Perché non stabilire la corrispondenza tra liste elettorali e gruppi parlamentari, vietando la costituzione di gruppi privi d’identità politico-elettorale, ancorché dotati del requisito numerico? Perché non obbligare i parlamentari ad aderire al gruppo corrispondente alla forza politica nelle cui liste sono stati eletti, pena l’iscrizione al misto? A mio parere si tratterebbe di soluzioni equilibrate, costituzionalmente legittime, tese ad evitare che per proteggere il parlamentare dal partito lo si mantenga sovrano interprete della volontà sua e dei suoi elettori.

*) Associato in diritto pubblico – Università Kore
tratto dal sito www.referendumelettorale.org