giovedì 31 gennaio 2008

GOVERNO: FINI, MARINI FALLIRA' E RIMETTERA' MANDATO

"Le motivazioni addotte dal presidente Napolitano per affidare l'incarico al presidente Marini sono comprensibili, perché sciogliere le Camere è sempre un fatto traumatico. E' largamente prevedibile che Marini verificherà l'insussistenza di qualsiasi possibilità di varare una legge elettorale largamente condivisa. Rimetterà il mandato e calerà il sipario. Questo è l'ultimo atto". Così il presidente di An, Gianfranco Fini, ha commentato la decisione del Quirinale di affidare a Franco Marini un incarico esplorativo per risolvere la crisi.

mercoledì 30 gennaio 2008

CORRI SALTA E LANCIA : An progetto L’Aquila scrive al Sindaco Cialente


Una lettera aperta al Sindaco di L’Aquila Massimo Cialente per chiedere la convocazione di un incontro con le parti interessati per evitare che la nona edizione della manifestazione Corri, Salta e Lancia venga effettivamente sospesa.
Si riporta di seguito il testo della lettera:
“Nei mesi scorsi lo scrivente circolo aveva lanciato sugli organi di stampa un appello alle Istituzioni affinchè le stesse intervenissero con urgenza per salvaguardare la manifestazione Corri, Salta e Lancia. Oggi, con amarezza, apprendiamo che l’Associazione Sportiva Atletica L’Aquila ha deciso di sospendere l’organizzazione della 9° edizione del trofeo.
E’ un fatto molto grave per la nostra città e soprattutto per gli alunni delle scuole elementari cittadine che da anni partecipano all’evento.
Con questa lettera desideriamo ribadire quanto già affermato in precedenza sull’opportunità di tutelare la pratica dello sport e consentire alle società sportive di svolgere serenamente la loro attività.
E’ veramente triste per noi aquilani assistere in questi giorni prima alla querelle legata alla gestione della piscina comunale ed oggi a quella di Piazza D’Armi.
Le chiediamo, pertanto, di convocare con urgenza un incontro con le parti al fine di evitare che la nona edizione della manifestazione salti. Signor Sindaco,i nostri figli hanno tutti i diritti di poter svolgere in tranquillità la pratica sportiva senza essere indirettamente coinvolti in questioni che non hanno nulla a che vedere con tale opportunità.

martedì 29 gennaio 2008

CRISI: FINI, DELITTUOSO TIRARLA PER LE LUNGHE




"Mi sono permesso di dire al Presidente della Repubblica che in una congiuntura cosi' complessa occorre avere tutto il tempo per riflessioni meditate, ma sarebbe delittuoso per gli interessi nazionali tirarla per le lunghe con l'unico intento di trovare una soluzione purchessia, o peggio per posticipare il voto". E' quanto ha dichiarato Gianfranco Fini in una intervista al Corriere della sera, e aggiunge: "Non ha senso oggi verificare in Parlamento se c'e' la possibilita' di un accordo sulla legge elettorale, dopo che per mesi la discussione sulla riforma ha messo in evidenza come non esistano aggregazioni o convergenze semmai divisioni all'interno dei poli e in alcuni casi all'interno dei partiti". Fini sottolinea: "Non credo al successo dell'esploratore, penso che si arrivera' allo scioglimento delle Camere e che si votera' in aprile. Oggi la priorita' e' un governo nella pienezza dei poteri, dotato di maggioranza politica, in grado di affrontare i problemi nazionali: sicurezza, potere d'acquisto dei salari, sofferenza delle imprese, emergenza ambientale. Il prossimo governo di centrodestra, se riusciremo a vincere, dovra' essere all'insegna della determinazione e della maturita'". Quanto alle riforme, a cominciare dalla legge elettorale, Fini propone: "Credo sia giusto valutare se dar vita a un'Assemblea costituente, eletta o nominata dal Parlamento, che non si sovrapponga e confligga con il corso politico della legislatura. Altrimenti non se ne uscira' mai".

FINI. SCIOGLIERE LE CAMERE PER RIDARE LA PAROLA AGLI ELETTORI


"Abbiamo chiesto al presidente della Repubblica di prendere atto della necessità di interrompere la legislatura, di sciogliere le Camere e di ridare la parola agli elettori". E' quanto ha riferito il presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini, insieme ai capigruppo Altero Matteoli e Ignazio La Russa, al termine dell'incontro al Quirinale con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano."Abbiamo ribadito - ha aggiunto - che per Alleanza nazionale l'Italia ha bisogno di un governo che abbia una maggioranza politica e che affronti i temi come quelli della sicurezza, dei salari e del rilancio delle piccole e medie imprese. Oggi non c'è alcuna condizione perché nasca un governo così". "Non ha senso - ha concluso - un governo per la legge elettorale: in 24 mesi si sono fatte solo discussioni".

venerdì 25 gennaio 2008

FINI, PRONTI A TORNARE AL GOVERNO. AVREMO ESECUTIVO OMOGENEO.


"Ci sentiamo pronti a governare, se gli italiani ci daranno fiducia. Il centrodestra ha saputo comunque già governare per cinque anni, anche se non è stato sempre un viaggio di nozze. Ma noi siamo più omogenei del centrosinistra. E comunque ci faremo carico di un'alleanza basata sulla condivisione di valori e programmi". E' quanto ha dichiarato il presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini a commento del voto di fiducia al Senato. "Il centrosinistra - ha spiegato il leader di An - non è riuscito a governare perchè è impossibile mettere insieme il diavolo e l'acqua santa. Prima o poi si arriva alla collisione e per questo Prodi, che ha messo insieme Turigliatto e Fisichella, va a casa per la seconda volta. Il tempo è galantuomo e come gia" nel '98, diventa difficile per il Capo dello Stato gestire una situazione simile. Chi è causa del suo mal pianga se' stesso. Le elezioni - ha concluso Fini - sono ormai inevitabili, gli italiani con il voto di oggi hanno tirato un sospiro di sollievo".

PRODI: FINALMENTE A CASA . Le reazioni della stampa estera

Il governo Prodi non ottiene la fiducia, e i siti di tutto il mondo che aspettavano la notizia reagiscono abbastanza in fretta, districandosi fra le poche certezze della politica italiana.

Fra i primi, il belga LE SOIR, che già annunciava nel pomeriggio "Dopo 20 mesi all'opposizione, Silvio Berlusconi e la sua coalizione di destra si preparano con giubilo a tornare al potere". Alle 20.38 l'agenzia Afp batte la notizia, ancora ufficiosa. Alle 20.45, è la prima notizia della pagina web di LE SOIR: "Romano Prodi sfiduciato". Pochi minuti dopo anche il sito del francese LE MONDE si aggiorna con un flash: "Prodi sfiduciato, dovrebbe rimettere il mandato al presidente della Repubblica". Sotto un'analisi prestigiosa: "L'Italia ancora di fronte alla sua ingovernabilità", un commento dell'esperto di scienze politiche Marc Lazar. LIBERATION e LE FIGARO invece sono più lenti ad aggiornarsi; il secondo pubblica solo un flash di agenzia.


Rapidissimi come sempre anche i siti spagnoli; il quotidiano EL MUNDO ricorda la crisi di governo italiana in prima pagina - "Prodi perde la mozione di fiducia al Senato" - segnalando che il presidente del Consiglio "dovrà rassegnare le dimissioni". Un altro grande quotidiano spagnolo, EL PAIS, titola invece: "Il Senato costringe Prodi alle dimissioni". La foto in prima pagina, però, si riferisce ai disordini in aula del pomeriggio, quando il senatore dell'Udeur Tommaso Barbato ha aggredito verbalmente il suo collega di partito Nuccio Cusumano, che aveva annunciato la sua fiducia a Prodi.

Per il sito della BBC la crisi di governo italiana diventa immediatamente la prima notizia: "Prodi sconfitto in un voto cruciale al Senato", titola il network britannico nella sua 'breaking news' in home page. E riassume la giornata con tipico aplomb: "Prodi, che ha guidato la coalizione per 20 mesi, ora dovrebbe dimettersi. Il presidente Giorgio Napolitano gli aveva consigliato di evitare il voto in Senato. Il dibattito è stato acceso, con un senatore portato via dopo uno svenimento".
L'inglese GUARDIAN, invece, titola sulle immediate conseguenze della sfiducia a Prodi. "Il primo ministro italiano atteso alle dimissioni", si legge, mentre si ricorda che il voto al Senato "spiana la strada a Silvio Berlusconi per una nuova chance di guidare il governo italiano". Il FINANCIAL TIMES riprende la notizia in prima pagina ma in piccolo con un lancio d'agenzia: "Italia, Prodi perde il voto al Senato". Il conservatore TIMES, sempre in prima pagina del sito: "Romano Prodi dovrà dare le dimissioni dopo la sconfitta nel voto di fiducia". E l'articolo prosegue, "I senatori hanno rifiutato di ascoltare i suoi appelli per un sostegno affinché potesse completare "urgenti riforme". Il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi ora spera che il presidente convochi elezioni anticipate". E aggiunge una nota: "Berlusconi ha già corso in quattro elezioni come leader del centrodestra e ne ha vinte due; una quinta sarebbe un record italiano". Ma il Times prevede un'altra via: "Si ritiene più probabile che Napolitano chieda a Prodi di riformare la coalizione e provare di nuovo, o che nomini in governo tecnico per introdurre un nuovo sistema elettorale meno favorevole ai partitini".


I siti dei quotidiani tedeschi riprendono tutti la notizia da agenzia in tempi rapidi: "Romano Prodi battuto sul voto di fiducia", momenti "amari" per il premier italiano, scrive lo SPIEGEL online; e "Prodi perde in Senato, lo attendono le dimissioni", titola la FRANKFURTER ALLGEMEINE. "Prodi perde il voto sulla fiducia e si dimette", è il titolo della SUEDDEUTSCHE ZEITUNG, secondo la quale sono possibili nuove elezioni in Italia. La WELT online riprende la vicenda del senatore dell'Udeur, Nuccio Cusumano, "colpito da sputi per aver espresso il suo appoggio a Prodi; poi è svenuto".
I siti dei grandi quotidiani americani venti minuti dopo il voto non si erano ancora aggiornati; ma il sito della CNN EUROPE ha messo in cima alla pagina un flash ripreso dalla Associated Press: "Il premier italiano Romano Prodi perde un voto di fiducia per 161 a 156 al Senato e ora è obbligato a dimettersi".

Fonte ilsole24.com

mercoledì 23 gennaio 2008

Gianfranco FINI: Prodi deve staccare la spina, è un dovere morale


"L'Italia non ha un problema di legge elettorale o di riforme istituzionali. L'Italia ha un drammatico problema di deficit politico. Si apra la crisi, torni la parola agli elettori, che in democrazia sono sovrani, e forse per il futuro avremo la possibilita' di riprendere il cammino". il Presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini chiude il suo discorso alla Camera richiamandosi alle parole di Giorgio Napolitano a Montecitorio, per il 60esimo della Costituzione. "Il Capo dello Stato questa mattina - dice infatti il leader di AN - e' stato molto chiaro e ha detto che questo o quel modello puo' avere un significato se c'e' una politica capace di dirimere i conflitti, di risolvere i problemi, che risponde a dei valori". "Salga al Colle, rassegni le dimissioni, si apra una fase nuova". Fini chiede cosi' a Romano Prodi di "staccare la spina, un dovere morale ormai" e aggiunge che "come autorevolmente ha ricordato in quest'Aula il Presidente della Repubblica, non c'e' modello istituzionale e, quindi, certamente non c'e' legge elettorale che tenga quando non c'e' la politica."

Fonte AGI


Nei sondaggi il centro destra in vantaggio di 10-12 punti



Il Sole 24 ore di oggi ha pubblicato le ultime rilevazioni dell'Istituto Piepoli, dell'IPR Marketing e dell'Euromedia Research.

I sondaggi decretano in coro la vittoria del centro destra in caso di voto anticipato con l'attuale legge elettorale.Secondo Pagnoncelli Alleanza Nazionale è il partito più in salute nel centro destra rispetto alle politiche del 2006 insieme all'UDC.

Leggi l'articolo per intero clicca qui

martedì 22 gennaio 2008

Accolta la richiesta di Ersilia Lancia (AN) sulla viabilità di Via Antica Arischia e Via Amiternum


E’ stata accolta la richiesta presentata dal Consigliere di Alleanza Nazionale Ersilia Lancia al Presidente della V Circoscrizione. Nel corso della seduta che si terrà domani, infatti, si discuterà, tra l’altro, della problematica relativa alla pericolosa viabilità in Via Antica Arischia e Via Amiternum,.
“Il transito a velocità sostenuta dei veicoli rende pericoloso anche l’ordinario attraversamento pedonale di Via Antica Arischia e Via Amiternum” afferma il Consigliere di AN “Ho raccolto le segnalazioni di cittadini che hanno lamentato le difficoltà dell’avventura quotidiana dell’attraversamento pedonale anche solo per raggiungere il cassonetto dei rifiuti o il timore per i bambini che giocano nei cortili adiacenti le due trafficatissime strade. Ritengo, anche in considerazione degli ultimi tragici eventi che sia giunto il momento di affrontare seriamente il problema, in raccordo con le competenti autorità, mettendo in campo soluzioni concrete, volte ad abbattere significativamente il traffico selvaggio di veicoli su Via Antica Arischia e Via Amiternum. Nondimeno penso sia ugualmente necessario appellarsi al senso civico di ogni cittadino poiché non proprio di una città “civile” rischiare l’incolumità personale sulle strisce personali o ancora, venire “strombazzati” dallo Schumacher di turno quando in prossimità delle zebre ci si ferma per consentire l’attraversamento al pedone. “

GIANFRANCO FINI: POLITICA IMPREVEDIBILE MA MI SEMBRA TUTTO SCRITTO



"La politica e' bella perche' e' imprevedibile ma ormai mi sembra che sia gia' tutto scritto". Questa la previsione del leader di An, Gianfranco Fini, che parlando con i cronisti a Montecitorio spiega che, presumibilmente, si arrivera' alla crisi giovedi', dopo di che il presidente Napolitano "si prendera' un paio di giorni per riflettere e quindi tra domenica pomeriggio e lunedi' potrebbe avviare le consultazioni". Quindi non vi saranno colpi di scena? chiedono i giornalisti e Fini risponde: "Tutto e' possibile in politica ma se anche ci fosse una sorpresa sui numeri al Senato, politicamente il dato non cambia". Il leader di An spiega, inoltre, di essere rimasto sorpreso da quanto accaduto ieri: "Mi aspettavo che il governo cadesse questa settimana, magari sulla mozione di sfiducia a Pecoraro, ma non mi aspettavo l'uscita di Mastella". Quanto alle parole di Walter Veltroni sul Pd da solo alle elezioni che per alcuni avrebbero accelerato la crisi, Fini osserva: "Veltroni non poteva fare altrimenti. Data l'eterogeneita' di questo centrosinistra, andare solo e' un'esigenza vitale per il Pd. Forse Veltroni non aveva valutato bene la portata delle sue parole e comunque mi sembra che nel Pd ci siano differenti punti di vista. Di sicuro, Veltroni e Prodi non hanno la stessa strategia".

sabato 19 gennaio 2008

SANATRIX: la proprietà deve chiarire cosa intende fare per il futuro della clinica



“In questi giorni la verità sul futuro della Clinica Sanatrix sta venendo fuori: la proprietà vuole smantellare la clinica e trasferire i posti letto altrove.” E’ quanto ha dichiarato Carla Mannetti Presidente del Circolo Progetto L’Aquila di Alleanza Nazionale.

“I politici che amministrano la nostra città e la nostra Provincia, il Sindaco Cialente e la Presidente Pezzopane chiedono appuntamenti con l’Assessore alla Sanità, con il manager della ASL e con la proprietà per fare chiarezza. La realtà è che piano piano la clinica sarà smantellata già è accaduto per il reparto di dialisi, i cui posti per fortuna sono rimasti all’Aquila presso l’ Ospedale S.Salvatore. Adesso tocca alla Ginecologia e poi si vedrà.”
“Il piano sanitario regionale, già approvato dalla Giunta Regionale ed ora all’esame del Consiglio regionale, consente all’ospedalità privata di modificare l’articolazione strutturale dei posti letto riconosciuti a ciascuna struttura privata accreditata alias la possibilità di trasferire i posti letto.
E’ per questo che la proprietà della Sanatrix deve dire chiaramente alla città che cosa intende fare della Casa di Cura, che da sempre è stata punto di riferimento degli aquilani. Deve spiegare perché ad oggi non è stato ancora attuato il piano industriale presentato nel 2005 alla regione Abruzzo, dove si prevedeva lo spostamento definitivo presso le Cannelle S.r.l., il potenziamento della dialisi, dell’attività ambulatoriale,del reparto di cardiologia e lo sviluppo della chirurgia vascolare, apertura dell’unità di terapia intensiva coronaria (UTIC),etc…. E l’Assessorato alla Sanità cosa ha fatto sino ad oggi, perché non ha vigilato ? ”
“Nel frattempo – conclude Carla Mannetti- i nostri rappresentanti istituzionali chiedono appuntamenti ed incontrano i Sindacati già rassegnati allo smantellamento della Clinica e che giustamente chiedono la salvaguardia dei posti di lavoro; ma la città non può e non deve restare a guardare.Bisogna protestare con ogni mezzo per impedire uno scempio del genere. Noi nel nostro piccolo siamo pronti a dare il nostro contributo.”

giovedì 17 gennaio 2008

GASPARRI (AN), DOMENICA ALL'ANGELUS PER GRIDARE 'LIBERTA''



"L'Angelus di domenica deve diventare un grande momento di solidarieta' al Santo Padre, senza insegne di parte e senza strumentalizzazioni di partito. Saro' in Piazza San Pietro e mi auguro che in tanti fra coloro che sono impegnati nelle amministrazioni e nella politica vogliano con umilta' portare questo segno di solidarieta' dopo la gravissima vicenda de La Sapienza. Ed un solo grido deve partire da quella piazza: liberta'". Lo dichiara Maurizio Gasparri di An. "Perche' e' la liberta' -conclude Gasparri- che viene oggi minacciata con l'intolleranza promossa da professori sciagurati che non meritano di salire in cattedra. Domenica da Roma l'Italia dovra' mostrare il suo vero volto che non e' quello dell'intolleranza ma quello dei valori e della fede.

MASTELLA: FINI, SOLIDARIETA' UMANA MA NO A DOPPIOPESISMO


Solidarietà umana ma non politica", no alla teoria del "complotto", nonostante ci sia "una parte della magistratura che agisce per ragioni esclusivamente politiche e per ragioni personali", e critiche all'atteggiamento di chi a sinistra "ha usato due pesi e due misure" nel difficile rapporto tra politica e magistratura. Questi i passaggi dell'intervento in Aula alla Camera del presidente di An, Gianfranco Fini, nel corso del dibattito a seguito delle dimissioni del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, dopo la notizia degli arresti domiciliari alla moglie Sandra Lonardo, presidente del consiglio regionale della Campania.
"Penso - ha osservato il leader di An - che debba riflettere chi ha a cuore l'immagine dell'Italia nel mondo. Dopo l'emergenza rifiuti e la vicenda del Papa, penso anche alle parole del ministro D'Alema, sarà ancora più difficile rappresentare un Paese in cui viene emesso un provvedimento di restrizione della libertà personale alla consorte di un ministro". "La mia solidarietà - ha aggiunto Fini - è umana e non politica perché ci inchiniamo al dolore sincero dell'intervento del ministro o ex-ministro ma non ci sono piaciuti alcuni passaggi del suo intervento in cui si parla di complotto. Senza dubbio c'e' una parte della magistratura politicizzata che agisce sulla base di ragioni politiche ma non è possibile denunciarli richiamando toni già usati nel passato secondo cui ordirebbero un complotto contro la politica. I giudici meritano rispetto, ci sono uomini come Falcone e Borsellino che hanno servito sino alla fine la loro toga. Ma non ci si può scagliare contro i giudici parlando di complotto a seconda se si e' tra gli accusati o tra gli accusatori. Lo dico alla sinistra: non e' possibile usare due pesi e due misure". "E' necessario - ha concluso il presidente di An - che anche per i giudici valga la regola che chi sbaglia paga. Serve un riequilibrio dei poteri. I politici hanno il dovere di difendersi nei processi e non dai processi in nome della trasparenza, ma se si è arrivati a tanto è perché ci sono stati giudici che nel definirsi democratici hanno attaccato solo una parte".
Il capogruppo La Russa ha aggiunto: "Se il governo Prodi non si dimette adesso, non solo Mastella, quando lo farà mai?".

POVERA ITALIA !!!!!!!!!!


Il rapporto del Censis, l’articolo sul New York Times, i rifiuti in Campania, la polemica sul Santo Padre, il caso Mastella e &……… oramai l’immagine della nostra nazione è lacerata.

Il senso istituzionale dell’appartenenza allo Stato dovrebbe spingere tutti, da destra a sinistra, a rimboccarsi le maniche ed a ricostruire dalle macerie tutto quello che è stato distrutto.

Il governo di centro sinistra dovrebbe avere il buon senso di dimettersi ed il centro destra dovrebbe cominciare da subito a lavorare su un programma serio e di pronta attuazione per la risoluzione delle emergenze.

Non si può incentrare tutto il dibattito politico sulla legge elettorale, perché tutti sappiamo che non è un discorso ispirato al bene comune, bensì è finalizzato esclusivamente alla salvaguardia dei posti e delle poltrone ed infatti quasi nessuno affronta l’aspetto relativo alla preferenza, perché anche questa volta i partiti vogliono imporre i candidati.

I cittadini vogliono conoscere le proposte programmatiche dei partiti per poi decidere quale partito e quale candidato votare.

mercoledì 16 gennaio 2008

MAURIZIO GASPARRI PUBBLICA SUL SUO SITO I NOMI DEI FIRMATARI DELLA'APPELLO CONTRO BENEDETTO XVI

MAURIZIO GASPARRI: A 'LA SAPIENZA' INTOLLERANZA INAUDITA SUL MIO SITO I NOMI DEI FIRMATARI DELL'APPELLO CONTRO L'INTERVENTO DEL PONTEFICE

''La rinuncia di Papa Benedetto XVI all'intervento in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'universita' 'La Sapienza' e' scaturita dall'iniziativa di 67 professori dell'Ateneo romano che, manifestando un'intolleranza inaudita, hanno rivolto un pubblico appello contro il Pontefice. Ritengo utile che gli italiani possano ricordare i nomi di questi professori che del resto, avendo assunto una pubblica iniziativa, saranno lieti di essere ulteriormente messi in primo piano. Pubblico pertanto i loro nomi sul mio sito www.gasparri.it''.

CLICCA QUI PER ENTRARE NEL SITO DI MAURIZIO GASPARRI

PAPA BENEDETTO XVI: GASPARRI, SIANO ALLONTANATI I PROFESSORI FIRMATARI


''Dopo lo sconcio della 'Sapienza' di Roma ci attendiamo che vengano assunte iniziative per allontanare dall'Ateneo i professori ancora in servizio che hanno firmato quel vergognoso manifesto. Questa dimostrazione di intolleranza non puo' restare priva di conseguenze". Lo afferma Maurizio Gasparri di An, che aggiunge: "Non devono essere gli studenti a rimuovere i professori. Deve essere la stessa universita' ed il Rettore non puo' cavarsela con blande affermazioni di circostanza". "Meglio sarebbe poi -prosegue- annullare le iniziative previste per domani che dopo quanto avvenuto sono prive di senso e rafforzerebbero il senso di vergogna che e' calato sull'intero paese. Dopo l'emergenza rifiuti e dopo l'impossibilita' del Santo Padre di parlare nel piu' grande ateneo italiano sarebbe forse il caso, e non lo dico scherzando, di sollecitare l'Onu a promuovere interventi multinazionali in Italia". "Nel nostro Paese -sottolinea Gasparri- non esiste piu' la liberta' e non c'e' piu' la democrazia. Non devono andare piu' in Libano i caschi blu. Devono venire in Italia per contribuire a garantire quei diritti di espressione ed alla salute che vengono gravemente minati dall'attuale classe dirigente di centrosinistra''.

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RIPORTIAMO DI SEGUITO L'ARTICOLO DI ANDREA PAMPARANA PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO IL TEMPO DI OGGI

Sono ancora in cattedra i cattivi maestri del '68

La plumbea giornata di ieri, 15 gennaio 2008, passerà certamente alla storia come il giorno dello "schiaffo di Roma". La massima autorità religiosa per milioni di donne e uomini il Capo di uno Stato, il vescovo di Roma, un professore, è stato costretto al silenzio dal fanatismo integralista di uno sparuto gruppo di professori arrogatisi il diritto di negare la parola a questo vecchio intellettuale. Manco Bin Laden era riuscito a tanto.

Quelle aule che non hanno esitato a dare libertà di espressione a vecchie baldracche del terrorismo nostrano, a cattivi maestri del pensiero deficiente, sono state di fatto negate ad un uomo che doveva solo assistere, come ospite invitato dal Rettore della Sapienza, all'inaugurazione dell'Anno Accademico. Lo confesso, sono profondamente addolorato che tra coloro che hanno fatto sì che questa vergogna mondiale fosse portata a compimento, ci sia anche una donna che ho sempre stimato, anche nei momenti di dissenso, come Emma Bonino. Passi per certe vecchie cariatidi dell'intellettualismo di sinistra, foraggiate per anni attraverso riviste che nessuno leggeva e lautamente finanziate dai governanti della Prima Repubblica (ogni riferimento a Flores D'Arcais non è casuale), ma per chi della libertà di parola ha fatto la battaglia di una vita questa è una macchia davvero indelebile.
Questi professori mi ricordano altre tristi figure del 68 e del 77, pronte a mandare allo sbaraglio tanti giovani attratti dalle sirene della ribellione senza se e senza me. Il clima di intolleranza si fa ogni giorno sempre più pesante. Sconcerto e amarezza nel constatare il silenzio di un Capo dello Stato che ieri non ha trovato niente di meglio che accusare i giornali di esagerare la situazione dei rifiuti napoletani. Da lui ci aspettavamo molto di più, tanto quanto nulla ci aspettiamo dal Presidente del Consiglio, il Professor Romano Prodi
ANDREA PAMPARANA

MORATORIA MONDIALE PER L'ABORTO


Il Presidente del Pontificio consiglio per la famiglia Lopez Trujillo ha chiesto di allargare ad un livello mondiale la proposta seria ed opportuna che avvertiamo in Italia sulla moratoria relativa alla pena di morte e all'aborto.


martedì 15 gennaio 2008

L' ATTACCO AL PAPA E' UNA VERGOGNA!!!!



Gli scenziati di turno non riusciranno a limitare la libertà di parola del nostro caro Pontefice Benedetto XVI. Molto probabilmente hanno paura del confronto con una mente illuminata dalla cultura e soprattutto da Dio.


venerdì 11 gennaio 2008

CHIUSURA DEL REPARTO DI OSTETRICIA PRESSO LA CLINICA SANATRIX


“La città si deve ribellare nei confronti della decisione di chiudere il reparto di ginecologia ed ostetricia della Clinica Sanatrix”

E’ quanto ha dichiarato Carla Mannetti Presidente del Circolo di Alleanza Nazionale Progetto L’Aquila .

“L’atteggiamento della proprietà della clinica Sanatrix, supportato da quello dei politici locali, dall’Assessore regionale Mazzocca al Sindaco Cialente, fa seriamente riflettere e ci induce a pensare che prima o poi la nota clinica aquilana, da sempre punto di riferimento per i cittadini, chiuderà i battenti.- continua la Mannetti- Per il momento hanno deciso di sopprimere la Ginecologia poi molto probabilmente chiuderanno altri reparti per spostare, come sempre, tutto sulla costa. Mi auguro di sbagliare, ma se il buongiorno si vede dal mattino la linea della proprietà (che non è aquilana) sembra essere questa.”

“Chi però stupisce più di chiunque altro con il suo atteggiamento remissivo ed alla Ponzio Pilato è proprio il Sindaco di L’Aquila Massimo Cialente, che fino a ieri si agitava in maniera eccessiva per i tagli all’Accademia dell’Immagine da lui presieduta ed oggi con grande rassegnazione annuncia la conferma della chiusura del reparto di ginecologia alla Sanatrix, spiegando a mezzo stampa le motivazioni, per di più in parte non rispondenti al vero, della decisione, senza preoccuparsi minimamente del fatto che in ogni caso dei posti letto di ginecologia devono essere mantenuti all’interno della stessa Sanatrix.”

“Ma cosa fanno i nostri politici aquilani, Pezzopane, Cialente, Lolli……quelli che dovevano cambiare le sorti della nostra città –conclude la Mannetti- e della nostra provincia sicuramente sono molto impegnati sul fronte del Partito democratico, dell’Accademia dell’immagine, della Lanterna magica, dell’Euroservizi, dell’Abruzzo Engeenering, e si potrebbe continuare all’infinito”

martedì 8 gennaio 2008

AN: Un Alleanza per l'Italia: ecco la sfida del futuro

Il Presidente Gianfranco Fini ha inviato a tutti i quadri il seguente documento elaborato in vista della Conferenza Programmatica di Alleanza Nazionale che si terrà a Milano dall'8 al 10 febbraio.


An: il partito degli Italiani
A quarant'anni dalla contestazione del 1968 l'Italia risente ancora degli effetti negativi di quella stagione. Da allora valori essenziali sono stati negati, come l'identità culturale della nazione, il merito, la legalità, la famiglia. È necessario rialzare la testa, rompere i luoghi comuni del politicamente corretto, ridare un senso, un'appartenenza, una voglia di futuro alla nostra comunità nazionale. Senza queste premesse nessun progetto politico servirebbe. Il fallimento del peggior governo della storia italiana potrebbe presto riportarci alla guida dell'Italia, ma ad An non interessa un ritorno al potere per recuperare ruoli o posti. Vogliamo ricostruire il tessuto profondo della nostra Italia. Vogliamo creare una grande Alleanza per l'Italia, che agisca nell'immediato ma guardi al futuro, per ridare speranza, per uscire dalla sindrome di chi pensa a un'Italia priva di prospettive e relegata ai margini della Storia. An vuole essere il partito degli italiani responsabili, consapevoli delle proprie radici, capaci di fare appello alla propria tradizione identitaria per reagire a un declino che non è affatto ineluttabile.

Alleanza per l'Italia: ripartire dall'identità nazionale. L'Italia, prima ancora di risultare una nazione fragile nelle sue strutture politiche e sociali, risulta essere in crisi nelle sue radici culturali e morali. Senza cultura di riferimento nessuna politica che voglia avere un respiro lungo è possibile: per questo è essenziale costruire una Alleanza per l'Italia che parta dai valori della destra politica. Un'Alleanza rivolta al cambiamento della società italiana, al suo miglioramento senza velleitarismi occasionali, a renderla partecipe e protagonista dei grandi mutamenti in atto, ma preservandola, al tempo stesso, dalla tentazione della fuga dalla sua stessa identità storica e culturale. Ecco perché il radicamento identitario è il primo passo della costruzione del partito degli Italiani. Un progetto politico culturale, che passa attraverso la riaffermazione del Modello Italiano che deriva dalla nostra storia, dalla nostra cultura e dalla nostra identità e che deve dare consapevolezza creativa alle nuove generazioni e a tutta la società. In questa prospettiva è necessario comunicare la volontà del cambiamento ai cittadini, la capacità di elaborare un progetto come "valore distintivo", la determinazione in quelle scelte che derivano da una autentica etica della responsabilità. L'Italia sconta gli effetti di una globalizzazione non governata, cullata sull'illusione trionfalistica che un fenomeno di tale portata potesse essere lasciato sedimentare senza politiche di controbilanciamento, senza governo, senza una cultura dell'interesse nazionale. Ecco perché la mancata modernizzazione del Sistema-Italia si scontra, oggi, con l'incapacità di governare e affrontare la globalizzazione, sia le sue positive opportunità che le sue insidie. Le problematiche sono multiformi, partono da un'integrazione europea fortemente dominata da logiche tecnocratiche e dalle dinamiche incontrollate del commercio mondiale. Nazioni che posseggono grandi risorse finanziarie grazie all'esplosione incontrollata dei prezzi energetici e a sviluppi economici dominati da regimi totalitari hanno costituito "fondi sovrani", che fanno shopping di aziende e industrie, anche in Italia. Questo pone un problema di difesa degli interessi strategici economici nazionali. In questo scenario la destra politica con una chiara assunzione di responsabilità vuole declinare un progetto che leghi modernizzazione e interesse nazionale e che punti a un positivo inserimento del nostro Paese nell'integrazione europea e in una globalizzazione governata. Un progetto di riscatto nazionale, articolato in punti chiari e irrinunciabili, per realizzare i quali è necessario avere più destra nel centrodestra. Da queste premesse partono le grandi battaglie dell'Alleanza per l'Italia:

1. Il valore della vita e la dignità della persona come fondamento della Nuova Italia. Con il governo Prodi si sono intensificate, su impulso delle forze più a sinistra dell'Unione, iniziative ostili all'integrità della persona. In particolare:
Dall'inizio della legislatura il Senato è stato impegnato nella discussione di vari disegni di legge che, col pretesto di combattere l'accanimento terapeutico - punto sul quale vi è consenso unanime - in realtà, nell'ottica di larga parte della sinistra, mirano a introdurre l'eutanasia, pur mascherandola sotto il nome di testamento biologico o di dichiarazione anticipata di trattamento. Va, invece, percorsa con decisione la via del non abbandono del paziente affetto da patologie gravi - con adeguate cure palliative e con una effettiva e adeguata assistenza - e dell'aiuto alla sua famiglia, con un impegno che passa dal servizio sanitario e dai servizi sociali e, quindi, chiama in causa le Regioni e gli enti territoriali.
Invece di sostenere la famiglia utilizzando le risorse dell'extragettito, il governo Prodi si è reso promotore dell'iniziativa legislativa dei cosiddetti "dico". Non vi è alcuna necessità di avallare questa cambiale ideologica, che è tale perché larghissima parte dei cosiddetti "diritti individuali" dei componenti di una convivenza trovano già ampia tutela nell'ordinamento. L'ultima cosa di cui ha bisogno l'Italia è una ulteriore penalizzazione della famiglia, che verrebbe fuori dalla individuazione di un modello alternativo, una sorta di "famiglia fai da te", i cui componenti si ritagliano diritti e doveri come meglio credono. È invece necessario promuovere un rilancio dell'istituto familiare, parallelo al rilancio di una politica demografica, che faccia invertire il trend che vede sempre più la nostra nazione popolata da anziani e da figli unici.
L'ultimo pedaggio ideologico che il governo Prodi tenta di pagare alla parte sinistra della sua coalizione è l'inserimento nell'ordinamento italiano delle norme cosiddette anti-omofobia. Si tratta di disposizioni inutili, essendo già completo il quadro normativo riguardante la tutela per tutti, quindi anche per gli omosessuali, dalle discriminazioni. Si vorrebbe introdurre un delitto di opinione, in base al quale affermare che due persone del medesimo sesso non hanno il diritto di adottare un bambino o che un genitore può rifiutare per il proprio figlio un insegnante ostentatamente transessuale potrebbe, suonare come discriminatorio, e quindi passibile quanto meno dell'apertura di un procedimento penale. Per questo motivo è necessario lanciare una grande battaglia per la difesa del diritto alla vita e della dignità della persona, nella quale:
a. Mobilitare i nostri rappresentanti nelle Regioni e negli enti territoriali perché sia assicurata la presa in carico del paziente da patologie gravi e l'affiancamento della sua famiglia;
b. Sostenere in ogni sede iniziative in favore della famiglia, e a contrastare forme giuridiche, quali i pacs-dico-cus, che puntano non già al riconoscimento dei diritti individuali dei componenti delle coppie di fatto, ma a istituire modelli alternativi di matrimonio;
c. Contrastare nel Parlamento e fra la gente le norme cosiddette anti-omofobia, in realtà gravemente lesive della libertà di espressione del pensiero.


2. La famiglia protagonista nella società. Il "declino italiano" è un dato tangibile che colpisce quotidianamente le famiglie del nostro Paese, è quello che si manifesta nello stritolamento del ceto medio, che sta dividendo l'Italia fra pochissimi "furbetti" super ricchi e la polverizzazione degli altri in un ceto indistinto sempre più a rischio di povertà. È la perdita di potere d'acquisto, l'incertezza del futuro, l'instabilità permanente. Le generazioni precedenti hanno sempre avuto la prospettiva di poter salire la scala sociale, migliorare sé stessi e la condizione delle proprie famiglie. Il risparmio consentiva di acquistare la prima casa e, a volte, anche una seconda, di accedere a nuovi consumi: dall'automobile agli oggetti di lusso. L'Italia traeva linfa e fiducia da un grande ceto medio che includeva gli operai specializzati, gli artigiani, i commercianti, gli impiegati, i quadri, gli insegnanti, i giovani e non ancora affermati professionisti. Ciascuno di loro aveva la prospettiva di crescere e migliorare. «Discesa di classe», l'hanno definita alcuni sociologi, per sintetizzare il fenomeno del peggioramento del proprio status. E molto chiara al riguardo è l'immagine fornita dal Censis: «Le dinamiche di sviluppo in atto restano dinamiche di minoranza, che non filtrano verso gli strati più ampi della società. Lo sviluppo non filtra sia perché non diventa processo sociale, sia perché la società sembra adagiarsi in un'inerzia diffusa, una specie di antropologia senza storia, senza chiamata al futuro. Una realtà sociale che diventa ogni giorno una poltiglia di massa». La campagna a favore delle famiglie si deve articolare su più temi:
a. Un fisco a dimensione familiare. Occorre tradurre la proposta di introduzione del quoziente familiare in formule alternative in grado di realizzare un'equità orizzontale: deduzioni per il minimo vitale (possibile creazione di un paniere di beni dove inserire i servizi primari per la cura di minori e anziani...); introduzione di un sistema (Basic incom familiare) articolato su deduzioni per il familiare a carico (coniuge, figli, parente fino al secondo grado). In questo modo il reddito imponibile viene calcolato sottraendo al reddito nominale il reddito minimo per il mantenimento di ciascun componente del nucleo familiare. Netta deve essere la scelta verso una riduzione delle tasse orientata verso i redditi mediobassi e verso le famiglie, al contrario degli orientamenti sull'abbassamento delle aliquote massime verso la flat tax ("tassa piatta", basata su una aliquota unica senza progressività).
b. Contenimento dei prezzi e delle tariffe. Promozione di una campagna contro il "caro vita" con l'individuazione di politiche per il contenimento dei prezzi da parte delle istituzioni, di microcredito garantito, di mutuo sociale a cui collegare una battaglia contro i grandi monopoli che stanno colpendo soprattutto il ceto medio. Un attacco ai grandi cartelli monopolistici (da contrapporre alle "liberalizzazioni" di Bersani contro professionisti e ceto medio), rappresentati dalle banche, dalle assicurazioni, dalla grande distribuzione organizzata, dai petrolieri e dalle telecomunicazioni.
c. Diritto alla casa. La crisi della casa investe oltre un milione e mezzo di famiglie. Solo alcune di loro, con reddito particolarmente basso, hanno la possibilità di partecipare ai concorsi per l'assegnazione di una delle poche case disponibili. È necessario, quindi, non solo finanziare l'edilizia economico popolare, ma lanciare una vera politica di "housing sociale" che metta a disposizione case con affitti controllati per il ceto medio.
d. Conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. La conciliazione oggi non è più solo un problema delle donne, ma di tutta la famiglia che deve destreggiarsi rispetto alla necessità di lavorare di entrambi i coniugi. Occorre, quindi, che la famiglia entri nelle relazioni contrattuali al fine di individuare nuovi e più pratici modelli di partecipazione al mercato del lavoro attraverso la rimodulazione degli orari di lavoro e l'estensione dei congedi parentali. Anche il mondo dell'impresa va ulteriormente sollecitato attraverso misure fiscali che agevolino la nascita di servizi aziendali per la famiglia nell'ottica di una maggiore diffusione della "responsabilità sociale d'impresa". A ciò vanno aggiunte nuove politiche dei servizi per l'infanzia, gli anziani e i portatori di handicap in grado di sostenere il lavoro di cura svolto dalle famiglie.
e. Sostegno all'associazionismo familiare. Possibilità di estendere l'applicabilità del 5 per mille alle realtà associative che sostengono le famiglie secondo un principio di sussidarietà orizzontale.
f. Garantire il diritto alla salute dei cittadini e delle famiglie, attraverso una profonda riforma dell'intero Sistema sanitario nazionale. È necessario superare l'attuale modello organizzativo delle Asl a favore di un'organizzazione funzionale, basata su presidi in rete organizzati per competenze; istituire un "Osservatorio sulla qualità della salute pubblica", con compiti di misurazione dell'efficienza del sistema pubblico e delle strutture accreditate secondo criteri condivisi con le organizzazione mediche e paramediche e le associazioni dei pazienti; attuare politiche di prevenzione basate sulla consapevolezza e l'informazione continua dei cittadini. A completamento di tale riforma, ma con una più ampia portata di carattere sociale e culturale, è indispensabile l'elaborazione di "Piano nazionale della terza età", per l'assistenza e l'inclusione sociale ai numerosi anziani del nostro Paese, con particolare riferimento ai non autosufficienti e con la creazione di strutture di assistenza e il convoilgimento del volontariato.


3. L'Italia giovane: merito e diritti contro tutte le caste. An ritiene prioritario l'impegno delle giovani generazioni, protagoniste nella costruzione dell'Italia del futuro e considera un elemento identitario della propria struttura una forte presenza di ragazze e ragazzi che fa del nostro partito una comunità militante, capace di suscitare entusiasmo e partecipazione soprattutto tra quanti, prima ancora dei programmi, considerano fondamentale una scelta ideale. Ma con i giovani e per i giovani dobbiamo fare anche battaglie concrete per garantire diritti. Ad esempio, la lotta al precariato deve essere sottratta al monopolio dell'estrema sinistra, differenziando la flessibilità, come finestra di accesso al mondo del lavoro, dal precariato, come strumento di sfruttamento, fonte di insicurezza e di frustrazione nella realizzazione delle aspettative. È insostenibile per le giovani generazioni una società che offusca l'opportunità di realizzare i propri sogni. Occorre dare voce a quei tanti che rifiutano la dimensione sessantottina del "tutto e subito" e chiedono gli strumenti per potersi misurare sul terreno della meritocrazia. I giovani di oggi si trovano schiacciati su due fronti nella propria realizzazione: da un lato dai privilegi e dalle tutele selettive di alcune caste, dall'altro dalla difficoltà di pianificare il proprio futuro per una insostenibile precarietà di vita. Diventano urgenti, quindi, alcuni provvedimenti per favorire il merito e il diritto al futuro delle nuove generazioni:
a. Una legge quadro in difesa dei non garantiti. Vogliamo sostenere una legge quadro capace di sintetizzare le numerose proposte messe a punto nel corso degli anni per sostenere i giovani in tema di lavoro, casa, accesso al credito e tutele sociali. Si tratta di incrociare tutele sociali con maggiore flessibilità del lavoro. Dal fondo di garanzia per l'accesso al mutuo sulla prima casa al tema della casa a riscatto, dal prestito d'onore a fini formativi agli ammortizzatori sociali per i giovani precari, passando per una vera regolamentazione degli stage di formazione e per le politiche di sostegno alle giovani famiglie, un pacchetto di interventi sul quale coinvolgere i giovani nella raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare. Una grande battaglia sul futuro dell'Italia che deve essere una priorità per la destra.
b. Un osservatorio sui concorsi. Per difendere e garantire il merito bisogna lanciare un osservatorio sui concorsi pubblici e sui diritti degli studenti nelle scuole e nelle università. Tale osservatorio avrà anche il compito di valutare iniziative per contrastare il ricorso, ancora troppo diffuso, alla raccomandazione e per colpire qualsiasi forma di offuscamento della trasparenza nella selezione meritocratica. La pratica di agevolare amici o conoscenti nelle scelte di personale di aziende pubbliche o a partecipazione pubblica deve essere combattuta con tutti gli strumenti utili, anche attraverso modifiche al codice penale.
c. Scuole e università diventino comunità. Scuola, università, attività di formazione devono premiare il merito offrendo a tutti reali possibilità di accesso e di crescita. Contestiamo la instabilità normativa causata dalle pessime controriforme del governo Prodi, che creano incertezza e confusione. Il grande obiettivo resta quello di trasformare scuole e università in campus, ovvero in luoghi aperti anche al di fuori degli orari di lezione, dove sia possibile praticare attività sportive e di formazione, dedicare spazio e tempo all'arte, creare delle vere e proprie comunità giovanili.


4. Il diritto a vivere sicuri legalità e certezza della pena
. Vivere sicuri è da sempre una delle prerogative dell'uomo ma lo è ancor più oggi, perché l'intersezione globale di persone, merci, capitali, rende più temibili le minacce di chi vuole minare la pacifica convivenza. I fatti di cronaca degli ultimi tempi - e prima di tutto la composizione della popolazione carceraria - dimostrano come la non integrazione, l'ingresso indiscriminato di persone che non hanno un lavoro e mezzi per sostentarsi, causino giocoforza l'aumento esponenziale di fattispecie delittuose. Ai margini della nostra società si stanno formando moltitudini di disperati, attratti da un miraggio consumistico e da un'aspettativa di vita che non c'è. L'Italia ha lottato decenni, con immani sacrifici di servitori dello Stato, e non ha ancora debellato i fenomeni di criminalità autoctoni, sulla cui contrasto bisogna insistere. Ed ecco apparire nuove forme insidiose di criminalità. Considerare questa realtà non significa negare l'integrazione e l'accoglienza di chi responsabilmente vuole inserirsi nel tessuto produttivo e culturale del nostro Paese. Ma ciò può avvenire soltanto nell'affermazione del principio che nessuno può sottrarsi alla legge, alle regole che promanano dalla nostra secolare identità culturale e al complesso di diritti e doveri che formano la cittadinanza italiana. Diventare italiani è possibile, ma bisogna accettarne regole e doveri. Del resto nazioni ben più vaste e ricche (Australia, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda), ma anche i nostri partner europei (Germania, Francia, Svezia, Spagna), si sono dotate di un complesso di norme rigorose che regolano i flussi migratori e dettano le modalità del processo d'integrazione. Più volte di fronte a gravissimi avvenimenti di cronaca è stata richiamata la necessità di garantire la «certezza della pena», oltre che la sua immediatezza. Molto spesso nei casi di criminalità organizzata, come per quella comune, la sanzione si rivela essere puramente nominale, vanificata da una serie di meccanismi che la stessa legge consente. An giudica inderogabile una modifica radicale della legislazione premiale, a partire dalla legge Gozzini, anche attraverso il ricorso allo strumento referendario. Nelle aree metropolitane, ritiene vadano instaurate corti di giustizia permanenti (in grado di funzionare 24 ore su 24), attraverso il cui operato si possa ampliare la gamma dei reati processabili per direttissima, comminando pene rapide ed efficaci. Allo stesso il diritto alla sicurezza può trovare tre immediate azioni di riscontro:
a. Referendum popolare per l'abrogazione parziale della legge Gozzini, per eliminare alcune norme che hanno prodotto effetti distorsivi con l'applicazione automatica della riduzione di un quarto di pena per i condannati. Non si tratta di cancellare totalmente la legge Gozzini, ma di modificarla nella sostanza per impedire un perdonismo generalizzato che ha prodotto conseguenze nefaste.
b. Più processi per direttissima. Nelle aree metropolitane vanno costituite corti di giustizia permanenti, in grado di funzionare 24 ore su 24, attraverso il cui operato si possa ampliare la gamma dei reati processabili per direttissima, comminando pene rapide ed efficaci.
c. Pene alternative per i reati minori. Ogni giorno le città sono danneggiate da una lunga serie di piccoli reati. Chi sporca, danneggia, si comporta con prepotenza confida nella più che probabile impunità. Per questi casi occorrono sanzioni immediate, consistenti soprattutto in punizioni alternative al carcere. In particolare, prestazioni di pubblica utilità, come ripulire parchi, lavare autobus, attività di manutenzione urbana. La tolleranza zero comincia da qui e dalla concreta sensazione che anche i tanti abusi quotidiani possano trovare una immediata e pubblica punizione.
d. Più risorse per le forze dell'ordine e il controllo del territorio. Il governo Prodi con le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 ha tagliato per più di 1 miliardo di euro il bilancio del Viminale, mentre con l'indulto sono stati scarcerati 25mila delinquenti non è proseguito l'impegno per moltiplicare i poliziotti e i carabinieri di quartiere, che erano stati destinati alle città italiane dal governo di centrodestra. Dai carabinieri e poliziotti di quartiere siamo passati al delinquente di quartiere con il centrosinistra. Chiediamo con una petizione popolare di ripristinare le risorse del ministero dell'Interno per garantire più presenza sul territorio, nelle grandi città ma anche nei centri minori; più stazioni dei carabinieri; più commissariati; più poliziotti e carabinieri di quartiere; mezzi tecnici e risorse organizzative adeguate; più fondi per la sicurezza per combattere il crimine.
e. Norme più severe contro l'immigrazione clandestina e contro il nomadismo incontrollato. Il centrosinistra vorrebbe abrogare la legge Fini-Bossi per sostituirla con norme permissive. E già ha causato gravi danni con interventi amministrativi di varia natura. Noi non solo difendiamo la Fini-Bossi, ma chiediamo ai cittadini sostegno per modificarla per quanto riguarda l'espulsione dei clandestini in termini ancora più severi e restrittivi e chiediamo che un adeguamento delle norme sia concordato e realizzato a livello europeo, poiché la politica di un solo Stato non è sufficiente a contrastare la clandestinità e le conseguenze nefaste sotto il profilo della sicurezza.
f. An chiede l'inserimento dell'esame di lingua italiana, oltre che il giuramento sulla Costituzione, ai fini del conseguimento della cittadinanza da parte di chi ne ha i requisiti di legge. Le politiche di integrazione devono comportare una convinta adesione a valori e norme della nostra nazione. L'Italia è di chi la ama, e quindi ne condivide l'antica e profonda identità.


5. Petizione per un'Europa rispettosa dei popoli e per il governo della globalizzazione. La politica della sicurezza va declinata al plurale, perché sicurezza non significa solo ordine pubblico. Una sociètà globale impone varie forme di sicurezza, a cominciare da quella sociale, minacciata sia dalla diminuzione del potere d'acquisto che dall'attacco alle pensioni, ai servizi sociali, sempre più essenziali in una società in cui aumenta l'età media. C'è il dovere di garantire una "sicurezza alimentare", come una di tipo ambientale. Le statistiche ufficiali indicano che ogni giorno entrano nei porti italiani, in media, diecimila container, di questi un buon 30 per cento proviene dalla Cina. Appare evidente che non potranno mai essere controllati efficacemente e che le norme che oggi sono codificate sono destinate, di fronte a queste entità, a restare inapplicate. Un partito delle sicurezze e della tutela del cittadino, in questo senso, deve svolgere una grande missione di autentico difensore civico della comunità nazionale. La critica alla globalizzazione non governata e a una integrazione troppo burocratica dell'Europa, deve tradursi in una grande petizione rivolta al Parlamento europeo, oltre che al governo italiano, in cui si chiedano degli interventi incisivi in ambito Wto contro tutti i Paesi, a cominciare dalla Cina, che nel commercio globale non rispettano il principio di reciprocità delle regole e degli impegni multilaterali. Nella stessa petizione si deve chiedere alle autorità di Bruxelles un intervento presso la Banca centrale europea per abbassare il tasso di sconto per ridurre il costo del denaro alle famiglie e alle imprese e per rendere meno forte l'euro nei confronti del dollaro. Infine, si deve aggiungere la richiesta di rivedere i parametri di Maastricht in modo da escludere da essi le spese per gli investimenti produttivi. Una petizione al Parlamento europeo è uno strumento politico estremamente semplice, ma si deve qualificare attraverso il carattere dirompente delle richieste, che non puntano a un ottuso protezionismo, ma a regolare i processi di integrazione secondo un effettivo principio di reciprocità e per la difesa degli interessi nazionali ed europei.


6. Appello per la dignità del lavoro e per la libertà di intraprendere. La sfida centrale per tornare a rendere competitivo il nostro sistema economico è quella di rendere convergenti gli interessi delle diverse forme di lavoro e del mondo delle imprese. Oggi in Italia il lavoro è frantumato in segmenti totalmente avulsi gli uni dagli altri e spesso in conflitto fra di loro. Lavoro autonomo contro lavoro dipendente, impiego pubblico contro impiego privato, lavoratori precari contro lavoratori garantiti. Un'Alleanza per l'Italia che crede nel lavoro ha il compito prioritario di riunificare questi segmenti in un unico contesto di diritti e di responsabilità. L'unità e la dignità del lavoro è la prima base per rimettere in movimento l'Italia, rifiutando ogni forma strisciante di "lotta di classe" tra le diverse forme di lavoro (che è la logica in cui si muove ancora oggi tutta la sinistra italiana) e puntando in ogni contesto di lavoro alla valorizzazione del merito e dell'impegno. Passo successivo è conciliare il mondo del lavoro con il mondo dell'impresa nella partecipazione consapevole a un destino comune. I veri nemici del lavoro e dell'impresa sono le rendite, i monopoli, i parassiti, gli incapaci al comando.
a. Sul versante fiscale bisogna costruire una proposta completa e credibile di abolizione dell'Irap, sostituendola con altre forme di tassazione non vessatoria per le piccole imprese e in grado di premiare la responsabilità sociale delle imprese.
b. Per rilanciare la lotta alla burocrazia bisogna puntare tutto sull'autocertificazione, l'azzeramento delle procedure e l'abolizione di ogni duplicazione di potere.
c. Sul versante del lavoro bisogna ricostruire una politica dei redditi, fondata sulla produttività, aumentando e detassando la parte variabile delle retribuzioni legate ai risultati di impresa, favorendo la firma dei contratti detassando tutti gli aumenti contrattuali. In questo campo va valutata attentamente la proposta del presidente Sarkozy di introdurre per legge la quattordicesima mensilità.
d. Per rendere omogenei i diritti e le responsabilità dei lavoratori precari e di quelli garantiti, degli impiegati pubblici e di quelli privati, dei dipendenti e degli autonomi, bisogna completare la riforma Biagi con un nuovo "Statuto dei lavori" che superi l'impianto fordista e classista dello Statuto del 1970.
e. Garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, attraverso una legge costituzionale che riunifichi le competenze nella prevenzione degli infortuni, competenze pericolosamente divise tra Stato e Regioni con la riforma del Titolo V. Si tratta di un'autentica battaglia di civiltà.
f. Infine per legare lavoro e impresa in un comune destino bisogna rilanciare in forma moderna e flessibile l'antico valore della partecipazione e della responsabilità dei lavoratori nella vita delle imprese.


7. Per il Sud: più Stato, più mercato. La legge finanziaria 2008, ha fatto calare definitivamente la maschera sull'ennesimo e clamoroso tradimento consumato alle spalle del Mezzogiorno, delle famiglie e delle imprese che vivono e operano nel Sud. Non bastava, infatti, la grave decisione del rinvio del credito d'imposta previsto per il 2008, ma anche i fondi che dovevano servire a finanziare le agevolazioni fiscali per le imprese sono stati dirottati ad altri scopi. In pratica si tratta di un colpo durissimo per il Mezzogiorno, che rischia di diventare uno scippo dalle conseguenze drammatiche per le imprese che intendono investire nelle regioni del Sud. I dati infatti parlano chiaro: ben 280 milioni di euro, inizialmente destinati al finanziamento del credito d'imposta al Sud per il 2009, sono stati dirottati su altri impieghi che nulla hanno a che fare con il Mezzogiorno. Secondo le analisi degli imprenditori, che An non può non condividere, lo sviluppo del Mezzogiorno è sempre meno al centro dell'attenzione del governo e delle forze politiche della maggioranza. In questo contesto, bisogna rilanciare una politica per il Mezzogiorno che segni il ritorno dello Stato e delle politiche economico nazionali, un orientamento strategico che individua nel Sud la nuova frontiera per lo sviluppo. I processi di allargamento della Ue ora formata da 27 Stati fanno del nostro Mezzogiorno un'area di grande rilevanza strategica nel quadro del dialogo che deve unire le sponde del Mediterraneo. Dobbiamo rivendicare questa ruolo essenziale nell'ambito comunitario. Per questo è necessario:
a. Garantire una più forte presenza del governo e dello Stato a fianco e, se necessario, al di sopra delle Regioni meridionali, partendo dalla lotta alla criminalità organizzata e dal rifinaziamento del Fondo per le aree sottoutilizzate, per arrivare alla approvazione di leggi quadro nazionali per finanziare i principali assi di sviluppo del Mezzogiorno (turismo, logistica, agroalimentare, innovazione e ricerca)
b. Integrare la petizione al Parlamento europeo indicata al punto 4. con una richiesta finalizzata a ottenere una fiscalità differenziata di vantaggio per tutte le aree in ritardo di sviluppo.
c. Correggere il decreto sul federalismo fiscale per eliminare le distorsioni che ancora oggi penalizzano le regioni meridionali.


8. Dall'ambientalismo del "non fare" alla risorsa ambiente. L'ambientalismo italiano, pur partendo da premesse sacrosante, si è sposato con il localismo più chiuso e con la totale incapacità di programmare lo sviluppo sul territorio. Questo ha prodotto la cultura del "niet" pregiudiziale e, alla prova dei fatti, danni maggiori all'ambiente che si voleva proteggere e che, invece, necessita spesso di interventi sani, rigorosi, protettivi. Le conseguenze sono un Paese chiamato alla sfida competitiva senza ferrovie, aeroporti, metropolitane, reti energetiche e reti informatiche adeguate. L'ecologia invece può e deve diventare un motore dell'economia in una visione politica capace di coniugare ambiente e crescita economica in funzione di una migliore qualità della vita dell'uomo. Il concetto di ambiente come opportunità, per le imprese e per i cittadini, deve sostituirsi a quello corrente che, in nome del rispetto dell'ambiente, sa solo porre vincoli e limiti allo sviluppo. In questo modo, a un approccio che ha fatto della contrapposizione e dell'esasperata conflittualità il suo modo di essere nelle questioni ambientali, si dovrà sostituire un approccio pragmatico, che vede nella collaborazione con il mondo economico e con i cittadini il cammino privilegiato per la ricerca delle soluzioni. Al centro di un sistema come quello delineato c'è l'uomo, con la sua capacità, con le sue conoscenze, con la sua intelligenza. La difesa dell'ambiente va perseguita, quindi, non come un bene in sé, ma per assicurare all'uomo le migliori condizioni di vita, attraverso la conservazione di quel contesto ambientale a esso necessario. Tutelare l'ambiente e realizzare lo sviluppo sostenibile significa anche dotarsi delle infrastrutture necessarie per rendere competitivo il sistema Paese, senza costringere la nostra economia a inaccettabili condizioni di vulnerabilità, mettendo a rischio il nostro modello sociale e di sviluppo. L'Italia sembra però aver staccato la spina della sua modernizzazione, con costi enormi in termini non solo di ambiente, ma anche economici. L'opposizione strenua e senza quartiere alla realizzazione di infrastrutture energetiche, ad esempio, ha un costo esorbitante: 40 miliardi di euro, pari al 3 per cento del Pil da qui al 2020. L'Italia, Paese industrializzato che fa parte del G8, non può non affrontare il problema. Il mix energetico italiano è del tutto particolare e unico nel panorama dei Paesi industrializzati. L'Italia ha fatto una scelta pericolosa, affidandosi completamente al gas, dal quale oggi dipendiamo per circa il 50 per cento della produzione elettrica, mentre dal punto di vista degli approvvigionamenti per più del 50 per cento dipendiamo da tre Paesi che non sono esenti da tensioni politiche: Russia, Algeria e Libia. Questa anomalia tutta italiana si paga non solo in costi politici, ma anche in costi economici: di fatto i prodotti dell'industria italiana divengono meno competitivi a causa degli alti costi dell'energia e le bollette elettriche dei cittadini risultano più salate del 25 per cento rispetto a quelle Ue. Allo stesso modo, l'uscita dal nucleare ci ha penalizzati: occorre prenderne atto e considerare che è arrivato il momento di ripensare questa tecnologia energetica, tenendo però presente che occorre tempo per riavviare il ciclo. Allora nell'immediato bisogna andare avanti con i rigassificatori, il carbone pulito, le energie rinnovabili, i termovalorizzatori, in attesa della realizzazione di centrali nucleari sicure di ultima generazione. Nel disegnare lo scenario energetico italiano è però necessario tener conto del Protocollo di Kyoto, che ha posto a tutti i Paesi che lo hanno sottoscritto una nuova sfida ambientale. Per l'Italia quindi, oggi deve perseguire con sempre maggiore determinazione l'integrazione tra le politiche ambientali e quelle energetiche, tenendo presente che il nostro Paese presenta attualmente la migliore performance tra i Paesi europei, in termini di efficienza energetica della struttura industriale, alla quale corrispondono i livelli più bassi di emissioni di C02 in rapporto al Pil. In questa prospettiva va conferita efficienza anche al ciclo dell'acqua e al ciclo dei rifiuti. Una politica ambientale coerente non può fare a meno poi di investire nella natura, nella sua salvaguardia e nella sua valorizzazione. Le aree protette in Italia hanno assunto una pluralità di funzioni che vanno ben oltre la semplice conservazione della natura. Esse svolgono funzioni sociali, educative, turistiche e di sviluppo delle economie locali.


9. L'Italia: un patrimonio da ri-guardare. Viviamo un tempo nel quale il pericolo dell'omologazione, del dominio del "pensiero unico" è tutt'altro che immaginario e, senza cultura di riferimento, nessuna politica che voglia avere un respiro lungo è possibile. Una politica che voglia porsi come obiettivi interventi profondi per contribuire al cambiamento della società italiana, al suo miglioramento senza velleitarismi occasionali, a renderla partecipe e protagonista dei grandi mutamenti in atto, ma preservandola, al tempo stesso, dalla tentazione della fuga, dalla sua stessa identità storica e culturale. Coltivare la memoria storica, difendere la cultura della trasparenza e della legalità, affrontare le cause del declino italiano, reagire all'egemonia del pensiero unico, alla desertificazione dell'identità, riproporre l'affermazione del "modello italiano" attraverso metodi e percorsi utili a impegnare il nostro "capitale" culturale in un progetto alto e condiviso. Per queste ragioni deve essere lanciata una serie di progetti qualificanti all'interno di una cornice di comunicazione, promozione e sensibilizzazione dell'eccezionalità del "modello Italiano". Utilizzando il termine "ri-guardo" nella duplice accezione di "avere riguardo per" e "guardare con nuovi occhi" è possibile lanciare lo slogan per una grande e articolata campagna politica sul tema "L'Italia: un patrimonio da ri-guardare". In questa prospettiva si deve:
a. Promuovere una nuova legge obiettivo per il recupero del patrimonio culturale italiano, finalizzata alla valorizzazione del paesaggio, delle città e dell'ambiente. Questa legge deve portare alla sistematica demolizione degli ecomostri esistenti su tutto il territorio nazionale, al recupero e al risanamento delle grandi aree industriali, alla ricucitura del tessuto urbano delle città devastate dall'edilizia di rapina degli anni '50, '60 e '70.
b. Istituire un meccanismo del 5 x mille per coinvolgere i cittadini nella tutela della valorizzazione del patrimonio Unisco italiano che, con i suoi 41 siti inseriti nella World heritage list, rappresenta la più grande concentrazione di cultura dell'intero pianeta.
c. Promuovere il patrimonio agroalimentare radicato nel territorio italiano, attraverso un'opera sistematica di certificazione dell'origine dei prodotti agricoli, di creazione di distretti rurali e agroalimentari di qualità e di sviluppo di una rete culturale e formativa in campo gastronomico, alimentare e nutrizionale.


10. Dal riformismo delle parole alla riforma italiana. An vuole rilanciare la sua politica riformatrice, che affonda le radici nella storia della destra italiana. L'obiettivo della destra è sempre stato il rafforzamento della democrazia diretta, dando protagonismo agli elettori che devono scegliere chi deve governare. Quanto alle riforme istituzionali, rispetto al lavoro organico portato avanti da noi nella scorsa legislatura, il tentativo attualmente in atto in Parlamento per piccole modifiche alla Costituzione va visto come un timido passo nella stessa direzione. Per questa ragione An non ha negato sin dall'inizio la propria disponibilità a verificare la fattibilità di ritocchi alla Carta al fine di migliorare il sistema. Ovviamente precisando che tale disponibilità non poteva essere confusa con il benché minimo assenso alla prosecuzione della vita del governo. Ma la nostra opzione principale resta una modifica di più ampia portata nella Carta costituzionale. An ribadisce la propria scelta di fondo a favore dei sistemi di democrazia diretta siano essi il premierato, il semipresidenzialismo alla francese o il presidenzialismo all'americana. Al riguardo l'ipotesi più volte ventilata e mai realizzata di una "assemblea costituente" appare la più idonea per offrire una reale opportunità non solo di dibattito, ma di effettiva soluzione largamente condivisa. In tale sede sarebbe oltre tutto più agevole valutare un'organica riscrittura di tutta la Carta a partire dall'articolo 116 c. fino alla riforma degli enti locali, senza tralasciare di valutare se intervenire o meno sulla stessa prima parte della Costituzione. Per quanto attiene all'aspetto della riforma federale dello Stato, da noi da sempre ritenuta utile solo in presenza di un serio rafforzamento presidenzialista della Carta, è possibile anche avanzare un'ipotesi alternativa alla semplice riproposizione del testo votato dal centrodestra nella scorsa legislatura. Va ricordato, infatti, che il testo fu poi bocciato dal referendum perché inviso alla sinistra ma anche perché, obiettivamente, non incontrò il favore di larghe aree territoriali del Paese, spaventate dalla propaganda avversaria e condizionate dalla circostanza che, nel centro-sud, anziché un vero bisogno di federalismo era ed è avvertita una necessità di maggiore presenza dello Stato. Vogliamo rilanciare la nostra tesi della fine degli anni Novanta, che prefigurava un federalismo differenziato e a velocità progressiva, relazionato alle reali risorse che le singole Regioni siano in grado di destinare allo scopo. Ci riferiamo alla possibilità di dotare progressivamente di uno statuto speciale le Regioni che siano in condizioni di richiederlo e di sostenerlo, come già a suo tempo avanzato da An sia in Lombardia che in Veneto con apposite proposte di legge in sede regionale. Al Sud occorrerà insistere su fiscalità di vantaggio e sui temi trattati a Napoli nello scorso dicembre al convegno "Più Stato, più mercato". Va da sé, infine, che nel quadro di una seria riforma delle nostre istituzioni non debba essere trascurato il tema de "il costo e della trasparenza della politica" che va sempre rapportato, senza sottovalutazioni o demagogie, al grado di effettiva efficienza e capacità di risposta degli organi dello Stato. Sin d'ora è però possibile pretendere dal Parlamento risposte chiare e puntuali. In quest'ottica, le proposte di campagne da portare avanti riguardano:
a. Petizione popolare per l'elezione diretta del premier "sindaco degli italiani".
b. Proposta di legge di iniziativa popolare nelle Regioni interessate all'ottenimento di uno statuto di speciale autonomia. La proposta è opportuna in alcune aree del Nord ma, in ipotesi, anche nel Sud, ad esempio in Puglia da sempre interessata a questo tema.
c. Proposta di legge di iniziativa popolare "costi e trasparenza della politica".


L'appello di An. L'appello che An lancia alla società italiana per un progetto di rinascita della nazione e per un nuovo protagonismo economico e sociale, riguarda ovviamente non solo i cittadini ma anche le forze politiche, le parti sociali, le associazioni. Vogliamo avviare un confronto per costruire un nuovo centrodestra capace di allargare i suoi consensi e in grado di rappresentare una seria e credibile garanzia per chi crede nel futuro dell'Italia. L'unità della coalizione è un valore che va costruito con pazienza e profondità, coinvolgendo tutti coloro, e sono la maggioranza, che hanno valori e programmi alternativi al fallimento delle sinistre. Noi siamo pronti a fare la nostra parte.




venerdì 4 gennaio 2008

ADERISCI ALL'APPELO PER IL DIRITTO ALLA VITA DI ALLEANZA NAZIONALE


Per rispondere all'iniziativa della moratoria sull'aborto lanciata da Giuliano Ferrara, Alfredo Mantovano, Gianni Alemanno, Maurizio Gasparri, Giorgia Meloni e Barbara Saltamartini,hanno lanciato l' appello per il diritto alla vita, i cui contenuti vengono riportati nel post precedente, affinchè in occasione della Conferenza programmatica che AN sta organizzando a Milano dall'8 al 10 febbraio, sia dedicata una sessione al diritto alla vita.
Se condividi l'appello puoi inviare l'adesione all'indirizzo di posta elettronica del Senatore Alfredo Mantovano, alfredo.mantovano@senato.it.

MORATORIA SULL'ABORTO. Il documento di Mantovano, Gasparri, Meloni, Alemanno e Saltamartini

APPELLO AL POPOLO DI ALLEANZA NAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA VITA

La moratoria per la vita proposta da Giuliano Ferrara, l'invito alla riflessione sulla legge 194 formulato dal Cardinale Camillo Ruini e il bilancio obiettivo di decenni di aborto "legalizzato" in Italia, in Europa e nel mondo, impongono a chiunque abbia responsabilità politiche approfondimento e azione coerente.

1. Perché l'aborto "legale" è diventato aborto "banale". Quando in Italia, a partire dall'inizio degli anni 1970, iniziò la propaganda per introdurre una legislazione abortista, l'intento dei sostenitori era di rendere la gestante libera di ottenere l'intervento abortivo senza ostacoli. Era arduo far passare in Parlamento una legge che suonasse: "articolo unico/ l'aborto è libero e gratuito". L'argomento più usato non fu un richiamo alla libertà, bensì l'opportunità di assistere la gestante che viveva una situazione difficile invece che respingerla nella clandestinità. Si è così costruita una legge - la n. 194 del 22.05.1978 - che riconduce le cause che inducono all'aborto a un'unica vaga indicazione terapeutica e impone al consultorio o al medico di espletare una fase di prevenzione/dissuasione dall'aborto. Il primo articolo della legge fissa gli scopi di essa: "Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio". Si aggiunge che l'aborto "non è mezzo per il controllo delle nascite".

Siamo convinti che trent'anni siano più che sufficienti per chiedersi se e come quegli scopi sono stati raggiunti, se la 194 viene applicata in ogni sua parte, se essa ha provocato una reale diminuzione degli aborti, come ripete stancamente la schiera dei suoi sostenitori. Le statistiche, ricavate dalle relazioni annuali dei ministri della Salute, sono parziali, poiché non considerano ai fini delle rilevazioni gli aborti - che pure ci sono - procurati con la cosiddetta "pillola del giorno dopo" (Norlevo); né finora hanno incluso le cifre riguardanti gli aborti procurati dopo l'assunzione della RU 486, "liberalizzata" da numerosi assessorati regionali alla Sanità. Infine, sempre sotto il profilo statistico, un ulteriore limite è costituito dal peso che si dà al numero in assoluto di aborti, ma non invece al rapporto di abortività, cioè alla relazione che intercorre fra gli aborti realizzati ogni anno e il numero dei bambini che nello stesso periodo nascono vivi. Poiché questo dato numerico è rimasto costante in 30 anni, se ne deduce che è rimasta costante - e non è calata - la tendenza ad abortire.

Le medesime statistiche forniscono numeri dai quali è impossibile comprendere le cause che inducono ad abortire. Ciò accade perché, nella fase che dovrebbe essere di prevenzione, nessuno chiede nulla alla donna, e di conseguenza il personale medico nulla annota sulla scheda per la richiesta dell'ivg: come è possibile, in attuazione della legge, prevenire l'aborto se non si conoscono le principali cause che portano le donne a una scelta così drammatica? Una scelta resa comunque agevole - quasi banalizzata - dal fatto che per abortire basta una mera manifestazione di volontà: in base alla 194, infatti, pur se il medico o il consultorio non riconoscono i motivi addotti dalla gestante per l'ivg, essi sono tenuti a rilasciare il certificato che attesta che la gravidanza è in atto. Il certificato costituisce titolo sufficiente, dopo sette giorni, per abortire; dunque, non vi è alcun filtro che permetta prevenzione o dissuasione. Se dunque, per un verso, l'applicazione della 194 non è andata verso una "procreazione cosciente e responsabile", per altro verso la media stimata del ricorso all'aborto clandestino si è attestata sulle 45.000 unità all'anno: è un dato che segnala il fallimento anche sotto questo riguardo.

2. Perché la tutela della vita è una battaglia laica. Per cogliere l'umanità del concepito non è necessario il catechismo. E' sufficiente l'ecografo! Dire che si tratta di vita umana non è un atto di fede, ma è una constatazione che prescinde dalla confessione religiosa di riferimento. Spesso la confessionalizzazione del tema è il modo laicista per esorcizzare una discussione laica in materia.

Dal punto di vista biologico, la formazione e lo sviluppo umano appaiono come un processo unico, continuo, coordinato e graduale sin dalla fecondazione, con la quale si costituisce un nuovo organismo dotato di capacità intrinseca di svilupparsi autonomamente in un individuo adulto. I più recenti contributi delle scienze biomediche apportano preziose evidenze sperimentali alla tesi dell'individualità e della continuità dello sviluppo embrionale. Dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Le recenti acquisizioni della biologia umana riconoscono che nello zigote derivante dalla fecondazione dei due gameti si è già costituita l'identità biologica di un nuovo individuo umano, dotato di un proprio codice genetico, e quindi di un valore antropologico unico. Il concepito non è un essere umano in potenza, ma un essere umano in atto. È in potenza adulto, bambino o vecchio, ma è in atto un essere umano, e in quanto essere umano è anche persona, dal momento che non si vede come la dimensione personale possa subentrare in epoca successiva all'inizio della vita umana, cioè al concepimento.

La 194 elude il nodo riguardante l'identità biologica del concepito. Nella relazione di maggioranza, che alla Camera dei Deputati accompagnò la proposta poi divenuta legge, l'"opportunità di introdurre la nuova disciplina dell'aborto" veniva evocata "al di là delle diverse convinzioni morali, religiose e scientifiche": il legislatore ha dunque affermato di voler prescindere perfino dalla scienza; e quest'ultima attesta in modo inequivoco l'umanità del concepito. Ciò è in linea con quanto aveva scritto la Corte Suprema degli USA, che in una sentenza del gennaio 1973 aveva reso l'aborto libero in tutti gli States: "non abbiamo bisogno di risolvere il difficile problema di quando la vita cominci"; e però, nel dubbio (non invincibile) si rendeva possibile la soppressione della vita. Più di recente, nel luglio 2004, la Corte europea dei diritti umani, pur decidendo di un caso nel quale era importante partire dal presupposto se il concepito è o non è un essere umano, ha stabilito che "la questione dell'inizio del diritto alla vita sia da decidere a livello nazionale (...) perché tale questione non è stata decisa dalla maggioranza degli Stati (...) e (...) perché non esiste in Europa un consenso generale sulla definizione scientifica e giuridica dell'inizio della vita". La difficoltà ha un significato evidente: se ci si pone il quesito di quando inizia la vita si corre il rischio, in base alla risposta, di dover sottoporre a revisione dogmi che appaiono intangibili.

3. Una politica per la vita per ridare vita alla politica. E invece il quesito va posto senza timore, e merita risposta. La sfida va vissuta non come un problema da rimuovere, ma come una opportunità per riattivare la politica. Negli USA di questi temi si discute sulla scena politica, al punto che diventano occasione di confronto nelle campagne elettorali, costituiscono motivo di successo fra gli elettori, perché esiste un contesto culturale e politico che spinge alla riflessione critica dei pregiudizi della biotecnocrazia. Auspichiamo che si formi un contesto simile anche in Italia e in Europa: se c'è una battaglia di avanguardia sulla quale chi ambisce a rappresentare il Centrodestra è chiamato a combattere, essa è quella per la tutela e la promozione della vita, dal concepimento alla morte naturale. Infatti, se lo Stato è l'organizzazione della società, quest'ultima si fonda sulla dignità di ogni essere umano; lesa la quale, tutto è possibile. Siamo convinti che va combattuta la posizione di chi esorta a tenere distinte la sfera confessionale e religiosa da quella politica e giuridica, come se parlare di difesa della vita equivalesse automaticamente a salire sull'altare, a indossare i paramenti sacri, e a iniziare un'omelia. E' una distinzione che qui non ha senso: la contrapposizione non è fra cattolici e non cattolici, ma fra chi intende la natura come un dato certo e normativo, e chi ritiene invece che la natura è un mero postulato culturale, e quindi è soggetta alla libera contrattazione fra le parti.

Il nocciolo del discorso è il diritto naturale: e cioè un quadro di valori la cui esistenza non dipende dai mutamenti della storia, dai conflitti di classe o di razze, dalla costruzione di mondi utopici, o dai pensieri degli opinion maker, ma sono iscritti in modo stabile e immutabile nella natura dell'uomo; regole essenziali valide in ogni epoca e in ogni luogo: non uccidere, non rubare, non dire il falso... Che, lette in positivo e nei loro riflessi sociali e politici, significano: difendi la vita dell'innocente con legislazioni e provvedimenti amministrativi adeguati, rispetta l'altrui proprietà, in un'ottica di solidarietà, lavora per l'onestà e per la trasparenza nella vita pubblica... L'insieme di questi principi e precetti è impresso nella natura di ogni uomo, anche se non sempre viene percepito con chiarezza: per questo, al di là di ogni deformazione, viene chiamata diritto naturale. E' il frutto della osservazione e della "scoperta" delle costanti naturali della persona e in essa la politica può trovare il fondamento per edificare la comunità; da essa il diritto positivo trae le coordinate entro le quali proseguire nella sua elaborazione.

Riteniamo questa battaglia di avanguardia e di libertà, perché l'essenza del totalitarismo coincide con l'arbitrio che un uomo esercita su un altro uomo al punto da modificare, o addirittura da togliergli la vita. Se il confine fra la vita e la non vita non è netto e invalicabile, se non viene individuato quale dato oggettivo da riconoscere e da rispettare, ma rappresenta qualcosa di variabile a seconda delle opinioni soggettive o delle scelte di una maggioranza, non si può dire che la prospettiva totalitaria sia alle spalle. Se è possibile (e anzi è stimato un bene, poiché riceve il contributo del servizio sanitario nazionale), uccidere un uomo in quanto è troppo giovane - non ha completato i nove mesi di permanenza nel corpo della madre -, cioè perché è lontano dall'optimum della vita, non esistono ragioni di principio, ma solo di mera convenienza del momento, per non uccidere chi è troppo vecchio, cioè è lontano dall'optimum della vita al capo opposto del filo, ovvero per non uccidere il portatore di handicap, che è lontano dall'optimum fisico; ovvero - e questa è l'esperienza dei totalitarismi realizzati nel XX secolo - per uccidere l'altro in quanto la pensa diversamente, e quindi è lontano da un optimum ideologico, ovvero appartiene a un'altra razza, e quindi non è in linea con l'optimum etnico.

4. Qualche indicazione concreta. In occasione del trentennale della 194, meritano approfondimento, a nostro avviso, alcuni passaggi, nella prospettiva che il confronto non resti teorico, ma conosca sviluppi pratici:

a) La fase della dissuasione-prevenzione prevista dall'art. 5 della 194 va finalmente attuata, avviando la formazione mirata di tutti i soggetti che in essa sono chiamati a intervenire, prevedendo apposite risorse nei bilanci nazionale e regionali, che rendano non virtuali le alternative all'aborto proposte nel singolo caso, con una verifica dei risultati. Discuteremo con i nostri rappresentanti nei Consigli regionali le modalità per rendere effettiva tale fase. La disapplicazione di questa parte della 194 deriva largamente dall'aver fatto coincidere il concetto di prevenzione dell'aborto col concetto di prevenzione dei concepimenti: con questo tipo di condizionamento, è facile per il medico che rilascia il certificato ritenere declamazioni prive di significato le indicazioni della legge tese a rimuovere le cause dell'aborto. La prevenzione dell'aborto va invece legata il più possibile alla prosecuzione della gravidanza, per quanto difficile o inizialmente non desiderata, al fine di tutelare insieme il concepito e la madre.

b) L'art. 2, comma 2, della 194 stabilisce che "i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni di volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita". Ci sono associazioni di volontariato, in particolare i Centri di aiuto alla vita promossi dal Movimento per la vita, che da trent'anni, sparsi in tutta Italia, hanno garantito a circa centomila donne la libertà di non abortire e ad altrettante vite umane la libertà di non essere uccise. Spesso le strutture sanitarie hanno fatto apparire questo successo - un successo anzitutto per la donna, che è stata aiutata a prendere una decisione coraggiosa, ma certamente meno drammatica del ricorso all'aborto - quasi come una colpa, o come un segnale di pericolosa faziosità. Chiediamo invece che siano promossi accordi più stabili e diffusi con queste realtà, tesi a rendere la loro attività meno complicata, con minori ostacoli all'interno delle strutture sanitarie. Un maggiore coinvolgimento delle associazioni di volontariato è in grado di sollecitare e di mettere in moto le realtà che dovrebbero realizzare l'aiuto alla maternità difficile. Se è più comodo per una struttura sanitaria dire alla donna "questo è il certificato, vai pure ad abortire...", una convenzione che in un ospedale consenta di avvalersi di chi ha un approccio meno formalistico e sommario può indurre invece a prendere realmente in considerazione strade diverse, senza che questo si traduca in pressioni sulla gestante. Anche su questo fronte attiveremo un confronto con i consiglieri regionali del Partito.

c) L'art. 7 comma 2 della 194 stabilisce che quando il concepito ha possibilità di vita autonoma "il medico che esegue l'interruzione deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto". La cronaca recente e meno recente informa che ciò non accade. Sul punto la 194 va resa più chiara. Il progresso scientifico ha anticipato la possibilità di sopravvivenza nei nati prematuri. La collocazione alla fine del sesto mese di gravidanza della distinzione tra aborto e parto prematuro - non scritta nella legge 194, ma tradizionalmente ripetuta nei manuali medici - è superata. Ai Centri di aiuto alla vita si moltiplicano le notizie di bambini "abortiti", ma contrassegnati da evidenti segni di vita (battito cardiaco, gemiti, atti respiratori), eppure lasciati morire sul tavolo operatorio. "Lasciar morire" e in qualche caso - come pure accade - "affrettare la morte" è il contrario di "salvaguardare la vita".

d) Nella legge 194 non è mai formalmente riconosciuta la possibilità di abortire per ragioni eugenetiche, ma solo in quanto queste ultime incidano sulla salute della donna; e tuttavia, il richiamo alle malformazioni del nascituro c'è. Dopo trent'anni è venuto il momento di chiedersi - e ciò va fatto anzitutto in Parlamento - se è giusto non modificare il passaggio di una legge in base al quale un essere umano non ha il diritto di vivere in quanto è "malformato", o comunque lo ha in forma più fievole per il solo fatto di non essere ancora nato.

e) L'art. 4 della 194 ricomprende le varie "indicazioni" all'aborto (economiche, sociali, familiari) sotto il più ampio riferimento alla salute della donna. La salute, quindi, non ha una accezione limitata a patologie riscontrate in modo scientifico, ma viene interpretata come estesa alla salute psichica: il concetto di salute esce dai manuali di medicina per abbracciare il senso di completo benessere, fisico e psicologico. In questi termini la nozione di "aborto terapeutico", su cui si fonda l'intero impianto della legge 194, consiste nel far presente a una donna che può liberarsi del figlio non ancora nato nell'illusione di "stare psicologicamente meglio" e che può sopprimere un bimbo in utero, forse anche capace di vita autonoma, solo perché fonte di alterazione del proprio benessere. Anche su questo è giusto fornire risposte in termini di adeguate modifiche legislative.

f) Infine, il padre. Il cui ruolo è reso marginale dalla 194: può essere coinvolto nella decisione della donna di abortire solo se lei lo desidera, e questo anche se i due sono coniugati. Il padre del concepito va invece informato della gravidanza e va coinvolto, almeno a livello consultivo, nelle decisioni riguardanti la vita del figlio, ai fini della difesa della vita e del sostegno alla madre. Pari opportunità vale anche per i padri in ordine alla scelta del destino dei propri figli.

A nostro avviso, l'iniziativa politica non va limitata al Parlamento nazionale e/o ai Consigli regionali: essa deve attraversare il Parlamento europeo, sede in questo momento di tendenze ostili al diritto naturale. Mai come in questo momento la frontiera del diritto alla vita coincide col futuro politico della nazione, dell'Europa e con le sorti stesse della politica.

Per questo proponiamo che in occasione della Conferenza programmatica che Alleanza Nazionale organizza a Milano dall'8 al 10 febbraio per definire e illustrare le sue proposte per l'attuale momento politico, una sessione sia dedicata tematicamente al diritto alla vita, e a dare concretezza alla moratoria sull'aborto e alle iniziative da intraprendere in tale direzione. Invitiamo tutti gli iscritti e i simpatizzanti a sottoscrivere questo nostro appello: un partito politico non deve e non può restare indifferente!

Alfredo Mantovano - Gianni Alemanno - Maurizio Gasparri - Barbara Saltamartini - Giorgia Meloni