domenica 17 febbraio 2008

CON LA NASCITA DEL POPOLO DELLE LIBERTA' AN NON MUORE


Ecco perchè An si scioglie ma non muore, questo il titolo dell'articolo di Gennaro Malgieri pubblicato oggi sul quotidiano Libero.

"Il radicamento storico-politico della destra nazionale, sociale e popolare in un contesto valoriale segnato dalla difesa delle identità culturali e civili, dal riconoscimento della sacralità e centralità della persona, dal sostegno ad un'economia al servizio dell'uomo, dalla prospettiva di uno sviluppo che non azzeri le tradizioni, non poteva che avere come sbocco l'approdo ad un progetto nel quale questo patrimonio potesse vivere nell'unità di altre soggettività aventi i medesimi obiettivi. Fin dai tempi di Fiuggi, nell'inverno 1995, si capiva che la nuova destra che nasceva non da un'abile operazione di maquillage, ma da una profonda esigenza di rinnovamento per concorrere alla ridefinizione del sistema politico, non si sarebbe arrestata sul ciglio di un pur soddisfacente posizionamento elettorale.
Essa manifestava apertamente l'ambizione, attraverso lo strumento di An, di promuovere una "tranquilla rivoluzione" politica la cui forza si è palesata negli ultimi tredici anni.Il compiersi di eventi che hanno portato all'affinamento tra componenti politiche dalle diverse storie e provenienze nell'ambito del centro destra, e la verificata compatibilità tra le stesse nel dar vita a programmi di governo comuni, ha indubbiamente agevolato la costruzione del bipolarismo che adesso attende il naturale consolidamente atteso da quell'eletorrato che prima si è ritrovato nel polo e poi nella Cdl.
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Ecco perchè Fini, con una mossa a sorpresa, ma non tanto poi per chi ne conosce il percorso e lo ha seguito nella sua idea di modernizzazione della politica, ieri ha posto la prima pietra di una stagione costituente che porterà An a costruire insieme con altri un movimento nuovo, riformatore, incardinato nella grande famiglia dei riformatori europei, che è il PPE, non più da tempo Internazionale democrastiana, ma luogo nel quale si ritrovano diverse formazioni politiche di orientamento conservatore (nell'accezione continentale di questo termine) unite culturalmente da un sentimento di appartenenza europea ed occidentale, irrobustito dalla visione del mondo cristiana.
An, dunque, alla fine del suo lungo e tutt'altro che facile tragitto non si estinguerà, ma vivrà in un'entita più grande assecondando quel che gli si chiedeva da parte di molti e che Fini ha preparato con indiscutibile perizia: rinunciare al particolarismo identitario per contribuire alla formazione di un partito legato al popolo, a quel popolo delle libertà, in particolare, che il 2 dicembre 2006 vedemmo sfilare per le strade di Roma con una solo richiesta civilmente formulata alle classi dirigenti del centro dirigente del centro destra: unitevi per far vincere l'Italia profonda, animata da valori tenuti in nessun conto per troppo tempo e che non hanno trovato adeguata rappresentanza in una società dominata dall'egemonia culturale relativista e materialista.
Può esserci rimpianto, rammarico, insofferenza di fronte ad un'operazione di questo genere che non nasce negli alambicchi dei laboratori politologici, ma dalla storia stessa di una comunità di militanti e di simpatizzanti? Credo che possa esserci soltanto "nostalgia dell'avvenire", per usare un ossimoro caro ad una vecchia destra che nessuno si sogna di rinnegare perchè non c'è nessun motivo per farlo. E questa nostalgia dell'avvenire credo sia ben presente a Fini ed alla classe dirigente del suo partito accingendosi a scandire le tappe di un processo che vedrà An protagonista della semplificazione del sistema, come vogliono gli elettori.
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E chi, non comprende una tale novità e perciò si attarda nel rivendicare la propria "diversità", è destinato ad autoescludersi dal processo del rinnovamento in corso, al quale non ha dato apporti decisivi l'ingegneria costituzionale, mentre vi sta riuscendo la politica che agisce per le vie del realismo e della necessità.Si spiega così l'accelerazione di Fini. Al quale è ben presente la posta in gioco ben oltre l'evento elettorale.O la Grande Riforma comincia dalle forze politiche o saranno le forze politiche ad autodelegittimarsi e ,sec iò dovesse accadere, non potrebbero che dire addio alla loro funzione, con la certezza che nessuna ipotesi di riformare il sistema istituzionale, economico, sociale potrebbe più essere praticata. Esponendo, quindi, l'Italia, se malauguratamente le cose dovessero andare in questo modo, al più grave dei pericoli : un inarrestabile decadenza. An, dunque, si è spinta laddove la ragione l'ha portata. Lo ha fatto seguendo la linea che il suo elettorato le ha indicato e valutando i rischi di un "nuovo inizio".Ha comcluso che alle spalle non si lasciava macerie, ma un insieme di storie che, comunque le si voglia leggere, fanno parte del suo patrimonio e della sua memoria. Fattori, questi ultimi, che non si cancellano, ma vivono in nuove avventure, come quella che ha appena cominciato a scrivere.
Il popolo della libertà, dunque, non è più un'aspirazione, ma sta per diventare una vera, accogliente casa comune. E la politica, vista non soltatnto dal centro destra, forse da ieri ha qualche speranza in più di essere compresa dagli italiani.

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