mercoledì 12 marzo 2008

AFFARI ITALIANI SVELA TUTTA LA VERITA' SUL CASO CIARRAPICO

La tensione è alle stelle all'interno del Popolo della Libertà. Il caso Ciarrapico rischia di mettere in crisi l'idillio tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Ma la candidatura dell'imprenditore - stando alle indiscrezioni che circolano nel Palazzo - nasconde un retroscena clamoroso. Ovvero l'obiettivo di una parte di Forza Italia, in primis Gianni Letta (vero sponsor di Ciarrapico) e dell'ala democristiana che fa capo a Pisanu, di non stravincere alle elezioni del 13-14 aprile. In altre parole, di avere un Senato con una maggioranza molto risicata se non addirittura un pareggio. Da qui la candidatura "pericolosa" (vedi l'uscita sul fascimo) dell'editore romano, che, non a caso, ha subito scatenato l'ira di Bossi e le perplessità di Fini. Una strategia subita dal leader azzurro, costretto a tentare di chiudere il caso con l'uscita poco elegante "ha i giornali e devo vincere". Ma che ha riacceso le polemiche con Alleanza Nazionale. L'operazione è molto delicata e sottorranea, ma, a quanto pare, ci sarebbe il sostanziale via libera dei cosiddetti poteri forti. Che non vogliono un nuovo esecutivo Berlusconi, troppo spostato a destra e con un peso determinante della Lega. Meglio quindi il modello Germania, una Grande Coalizione tra i due principali partiti che possa svelenire il clima e guidare il Paese per due o tre anni fino alle prossime elezioni, ovviamente con un sistema elettorale.
Tra i tifosi di questa soluzione pare che, oltre a Confindustria e al suo presidente uscente Montezemolo (primo sponsor del tentativo bipartisan di Marini, poi fallito), ci siano anche le gerarchie vaticane, preoccupate per una deriva eccessivamente di destra e per le possibili tensioni sociali che produrrebbe un esecutivo Pdl-Lega-Mpa. Ma non finisce qui. Perfino il dipartimento di Stato Usa guarda con interesse all'ipotesi di un prossimo governo che rappresenti una "wide coalition", ovvero le larghe intese. Di più, alla luce dei "guai cronici" che pesano sul nostro Paese, la diplomazia a stelle e strisce ritiene che alcuni cambiamenti radicali ma necessari saranno possibili solo se si uscirà dagli schemi tradizionali. Traduzione: meglio un governissimo.
Lo scandalo di una candidatura si risolve per Berlusconi in tre parole: "Ciarrapico ci serve". Servono i suoi "piccoli ma radicati quotidiani" soprattutto nel sud del Lazio. Serve il suo trasversalismo, dall'acqua minerale alle cliniche passando per società di catering e editoria. Serve, soprattutto, "il suo cuore nero" che sa parlare a quella parte del Lazio che potrebbe votare Storace e che invece dovrebbe votare Pdl. E poi, per dirla tutta, il Ciarra "è uno simpatico come Aldo Fabrizi". Silvio Berlusconi prova a chiudere il caso Ciarrapico e il suo elogio del fascismo a Repubblica e a mettere da parte l'imbarazzo di An e di altri suoi candidati, la giornalista Fiamma Nirenstein in testa ("Non sono compatibile con uno che non rinnega il fascismo"). L'imprenditore è candidato al Senato in Lazio e lì rimane salvo vizi formali nel deposito delle liste che nessuno però finora ha sollevato.

Ma An non ci sta ad essere sbugiardata dal candidato premier che oggi dice "Fini sapeva della candidatura di Ciarrapico" mentre ieri il leader di An aveva detto di non essere stato informato. In via della Scrofa, quartiere generale di Fini, la dichiarazione di Berlusconi sortisce lo stesso effetto di quando la pezza è peggiore del buco: un pasticcio. A cui An è costretta a replicare correggendo ancora una vota, la seconda in poche ore, il tiro del Cavaliere: "Non è corretto dire che sapevamo", queste parole sono come minimo "improprie". Se può sembrare esagerato definire scontro quello in corso tra Berlusconi e Fini, di certo è un pesante e imbarazzato chiarimento. La smentita del candidato premier è affidata a un comunicato di Ignazio La Russa, capogruppo alla Camera del partito di Fini e responsabile per conto di via della Scrofa al tavolo della candidature. "Ho saputo sabato mattina della candidatura di Ciarrapico. Ne ho parlato subito con Fini e abbiamo espresso a Berlusconi le nostre forti perplessità". Ciarrapico ha attaccato Fini e An spesso e volentieri. Ma la regola al tavolo delle candidature è stata che ogni partito ha presentato i propri candidati e "nessuno ha messo bocca in quella dell'altro". Ciarrapico, quindi, è stata una scelta di Berlusconi, non certo di Fini, a cui An si è adeguata.

Le parole con cui Berlusconi motiva la candidatura del "Ciarra" rimbalzano immediatamente sul Giro per l'Italia di Veltroni che fa tappa nel nord-est. "La motivazione della candidatura è quasi peggiore della candidatura stessa" stigmatizza il segretario del Pd. Candidarlo per "non avere contro i suoi giornali" è "un'idea della politica che non condivido e non accetto. E penso che anche gli italiani si siano stancati di queste furbate". In via dell'Umiltà, sede operativo-logistica del Partito della Libertà, si tende comunque a considerare chiuso il caso. Identico umore tra la base di An. "Ci serve per contrastare Storace nel Lazio" è la versione più diffusa seguita da "Ciarrapico collettore trasversale di voti", e poi in fondo "il suo nome è collegato più al calcio, alle acque minerali e ad Andreotti che non al fascismo". C'è chi ricorda che "poche settimane fa Ciarrapico era alla convention del Pd qui a Roma invitato da Bettini".
Di sicuro La Destra di Daniela Santanchè e Francesco Storace è quella che "soffre" maggiormente la candidatura del Ciarra. "Sono e resto fascista e amico di Storace" ha detto l'imprenditore nell'intervista a Repubblica motivando la sua scelta di non andare con La Destra perchè sarebbero stati "io, mammetta (Santanchè, ndr) e tu (Storace ndr)". Ma i suoi voti andranno a Berlusconi. Così Storace si diverte e si leva qualche sassolino dalle scarpe. Fu Ciarrapico, ad esempio, "nell'ottobre scorso a tappezzare Roma con i manifesti di Fini mentre fa il saluto romano". Santanchè definisce l'imprenditore "la rappresentazione fisica dell'inciucio". E Buontempo rivela: "Una settimana fa il Pdl ci offrì la desistenza al Senato in alcune regioni". Ma loro non sono "in vendita". E così il Cavaliere s'è preso da solo il pezzo più utile.


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